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Oggi apriamo la settimana con una chiave un po’ diversa, un po’ più teorica, guardando le cose successe nel weekend inserendole nelle tendenze che i teorici della comunicazione politica hanno individuato da 10 anni a questa parte. Niente di nuovo, insomma: perché in realtà i social media hanno accentuato alcune dinamiche, ma molte di queste le ritrovavamo già all’interno delle dei media tradizionali, come ad esempio televisione, giornali e radio.

La prima chiave di lettura è l'”infotainment”, ossia il modo con cui i media raccontano la politica. Ne è un esempio perfetto l’articolo di Claudio Bozza oggi sul Corriere della Sera che ci racconta come i leader politici affrontano anche a livello nutrizionistico, con una vera e propria strategia alimentare, questa campagna elettorale.

Ecco, questa è una dinamica messa in campo dal sistema mediatico per avvicinare gli elettori, i cittadini, al racconto della politica, per renderla più potabile e anche per alleggerire una campagna elettorale che ha dei toni particolarmente elevati. La seconda tendenza che troviamo negli ultimi anni è quella della “popolarizzazione”, quella che Mazzoleni chiama la politica Pop. Solitamente si configura come quella tendenza da parte dei politici a adottare linguaggi più popolari, più pop appunto, e quindi ad esempio fare riferimenti a film, a serie TV, a elementi di cultura generale che con la politica hanno poco a che fare. Ne è un esempio perfetto l’utilizzo da parte dell’Istituto liberale di un personaggio che più Pop non si può: stiamo parlando appunto di Mewtwo dei Pokémon, scelto dall’Istituto per fare una riflessione sulla libertà di scelta. Qual è il problema? Il problema è che per saper fare politica pop bisogna essere ampi conoscitori del linguaggio pop. In questo caso il personaggio di Mewtwo non è un personaggio positivo, è un personaggio che nella sua prima apparizione – e cioè il film dei Pokémon – uccide chi l’ha creato e molti altri Pokémon. Insomma, forse bisognerebbe maneggiare con più cura e attenzione i linguaggi pop.

La terza tendenza è il racconto delle dinamiche private intime dei leader politici. L’avevamo visto anche la volta scorsa con il commento sulla foto di Silvio Berlusconi, che è un po’ il primo ad aver aperto la propria casa le proprie dinamiche familiari – anche più complicate – al racconto della sua politica e della sua leadership. In questo caso vi cito un articolo di Dagospia uscito proprio poco tempo fa in cui si racconta un duello in casa Meloni. Si parla di come il compagno di Giorgia Meloni, Andrea Giambruno, sarebbe distante dalla compagna riguardo le sue idee politiche più conservatrici.

Non è il primo caso in cui vediamo l’ingresso nel racconto politico dei “compagni di”, delle “mogli di”: ricordiamo Agnese Landini sicuramente, o Veronica Lario. Ci ricordiamo anche un altro episodio in cui è stato il “compagno di” – perché come sappiamo in Italia di leader donne ce ne sono state molto meno dei leader uomini e quindi è un po’ una novità l’ingresso di questi nuovi compagni – nel caso di Virginia Raggi, che alla sua prima candidatura come prima cittadina romana aveva avuto qualche problemuccio derivante da una lettera scritta dall’allora ex compagno, che appunto sembrava quasi raccontarsi come padre dell’avventura politica di Raggi.

Come sappiamo poi Virginia Raggi venne riconfermata, poi con il suo compagno la sua vita privata prese altre pieghe, però questo rende bene l’idea, non è la prima volta che si parla della vita privata dei leader e la sensazione è che con Giorgia Meloni ne vedremo ancora.

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