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Il “Draghi Vademecum” ha imposto, implicitamente, una nuova lingua a Palazzo Chigi, Montecitorio e Palazzo Madama. È la lingua della prudenza competitiva o, per altro verso, della competenza prudenziale. Cioè prima di parlare, sapere di cosa e soprattutto come.

Se c’è un dato evidente è che Mario Draghi, chiamato dalla politica a fare politica, ha fatto a sua volta richiamo ai contenuti per l’azione, discutibile o meno che sia, rispetto all’azione per i contenuti. Su questa traccia il Draghi Vademecum potrebbe diventare anche il post-legislatura ovvero l’apice figurativo di garanzia per il Paese rispetto alle logiche europee ed internazionali. E questo potrebbe avvenire a prescindere dall’ipotesi di governi tecnici dopo l’estate prossima ed anche con l’avvento della nuova legislatura nel 2023.

Draghi potrebbe così conciliare la necessità per il Paese di avere un profilo di caratura politico-internazionale con l’ulteriore necessità di avere al governo una eterogeneità di competenze e rappresentanza politica quanto più larga possibile.  C’è uno scoglio, in vista, che occorre considerare nel panorama delle cose da valutare: un masso roccioso costituito dalla commistione calcarea ed organicamente composto da pandemia, guerra e Pnrr.

Allora Draghi è, in re ipsa direbbero i giuristi, il fronte di garanzia attuale, comune e collettivo per l’intero sistema politico italiano. Garanzia per almeno due motivi: il forte ascendente sul piano internazionale e la determinata e ricercata inscrutabilità.

Questi fattori fanno del “Draghi Vademecum” l’opportunità politica per cui i partiti oggi in maggioranza sanno bene che, senza l’anello di congiunzione dell’ex Bce, l’Italia sarebbe fuori dalle celebrazioni internazionali che contano. Basti osservare come nell’incontro statunitense avuto con Biden pochi giorni fa si sia percepita la differenza sul piatto: da una parte l’esperienza militare, dall’altra parte l’esperienza dei vasi comunicanti dell’economia.

È su quest’ultimo passaggio che si gioca la partita che unisce, velatamente, il post-pandemia, la guerra attuale (anche valutaria) e la ripresa del Paese con il Pnrr. I partiti di maggioranza, rispettivamente al Draghi Vademecum, possono operare proprio come farebbe il satellite naturale o, in altra ipotesi, artificiale.

La cosa che conta è essere in orbita. Finché, ovviamente, i partiti non riusciranno a individuare (soprattutto per via endogena) profili che possano definirsi al livello di statisti. E la speranza, almeno in questo caso, non è solo da alimentare ma da coltivare.

Viva il Draghi vademecum (oltre il 2023)

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