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L’incontro del ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, e il suo omologo ucraino, Dmytro Kuleba, ha avuto un chiaro risultato racchiuso nel commento del secondo: “Non abbiamo fatto progressi rispetto al cessate il fuoco”. La a situazione è “difficile”, dice Kuleba, capo della diplomazia di hna paese invaso e bombardato dall’altro. Tuttavia, nella conferenza stampa tenuta separata dal russo, ha fatto sapere di essere “pronti per incontrarci di nuovo in questo formato se ci saranno prospettive per trovare una soluzione”. Il faccia a faccia è stato mediato da Mevlut Cavusoglu, il ministro degli Esteri turco che ha ospitato i due nell’ambito del Diplomacy Forum di Antalaya.

La Turchia è particolarmente attiva sul piano diplomatico in questi giorni. Mercoledì, il presidente israeliano Isaac Herzog si è recato mercoledì ad Ankara per incontrare l’omologo turco Recep Tayyip Erdoğan e cercare di “resettare” le relazioni di Israele con la Turchia. Si tratta del primo incontro del genere in 14 anni — in cui le relazioni sono state altalenanti nell’ordine della tensione — che Erdogan ha definito un punto di svolta. “Siamo d’accordo di non essere d’accordo su certe cose, ma intendiamo risolvere le nostre differenze con apertura e reciproco rispetto”.

Non è poco per due attori centrali del Mediterraneo allargato che hanno in più occasioni usato interessi reciproci per calcare i propri attriti. Ora il contesto è variato, quello mediterraneo è un bacino geopolitico che sta cercando un faticoso ordine interno, la Turchia è un paese che ha sovraesposto le proprie capacità su diversi dossier internazionali mentre in casa l’economia soffre una crisi storica.

E Israele ne è conscio: percepisce queste fessure e accoglie la charm offensive di Erdogan, celebrata col cerimoniale da 21 colpi di cannone con cui è stato accolto Herzog; manifestata chiaramente dall’arrivo alla Casa Bianca di Joe Biden, l’uomo che vuole ordine nella regione; continuata col nuovo governo israeliano di Naftali Bennett (che ha sostituito Benjamin Netanyahu con cui il turco non aveva un buon rapporto); resasi necessaria davanti alla strutturazione degli Accordi di Abramo con cui l’amministrazione Trump ha normalizzato le relazioni di parte del mondo arabo con lo stato ebraico.

Gerusalemme coglie un’opportunità — la debolezza di Erdogan connessa alle difficoltà interne — ma non vuole spingere, teme un bluff e non vuol rischiare di giocarsi in qualche scivolone con la Turchia un capitale internazionale che sta cercando di costruirsi per guidare l’ordine (americano intanto, cinese se servirà) mediorientale. Investimento che passa anche dall’iniziare a giocare, per necessità, partite al tavolo dei grandi. Come quella sull’Ucraina — su cui vuole evitare doppi giochi turchi.

È questa volontà (forse meglio necessità, come detto) che ha mosso Bennett, non uno statista di primo livello, a cercare una complicata mediazione tra Vladimir Putin e l’Ucraina — nella persona del presidente Volodymyr Zelensky. Gli assistenti dell’israeliano hanno messo in chiaro — attraverso valutazioni anonime fatte arrivare ai media — che non c’è da aspettarsi una soluzione definitiva. È un tentativo di costruire qualcosa su cui hanno abbassato le aspettative anche per evitare delusioni, ma Bennett attualmente fa da fulcro dei contatti con la cancelleria tedesca e l’Eliseo, il Cremlino, Kiev e la Casa Bianca.

Un ruolo da rivendicare quanto meno a uso e consumo della narrazione, non solo interna al Paese (davanti agli ebrei russi innanzitutto) ma anche intra-regionale. Ed è qui che sta uno dei terreni di competizione con la Turchia, perché Erdogan è interessato a giocare le proprie carte per ottenere un qualche genere di dialogo con Putin e con Zelensky — entrambi importanti per Ankara — e farsi riconoscere il valore di queste attività in Occidente.

L’incontro d’Antalya racconta questo: aver ottenuto nel contesto del forum diplomatico internazionale organizzato dai turchi il primo faccia a faccia tra funzionari di alto livello russi e ucraini è un successo che Ankara può tranquillamente rivendere a uso interno e non solo. Anche se dal punto di vista della guerra un successo non è stato per niente.

Antalya è un successo diplomatico e un flop bellico

La Turchia è particolarmente attiva sul piano diplomatico in questi giorni, ed è in aperta competizione con Israele per il ruolo di mediatore della guerra in Ucraina. L’incontro d’Antalya racconta questo: aver ottenuto il primo faccia a faccia tra funzionari di alto livello russi e ucraini. Ma poco altro

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