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Quando, il primo aprile, i capi di Stato e di governo dell’Unione europea e le autorità cinesi si ritroveranno per un vertice virtuale, lo scontro sulla Lituania sarà in cima all’agenda dei lavori. L’altro tema centrale sarà l’Accordo globale sugli investimenti, concordato nel dicembre del 2020 ma congelato dopo le proteste del Parlamento europeo e le sanzioni imposte da Pechino su alcuni membri dello stesso in risposta alle restrizioni imposte da Bruxelles su alcuni funzionari della regione dello Xinjiang coinvolti nell’internamento di massa degli uiguri.

Come rivelato da Politico, i vertici dell’Unione europea saranno rappresentati dai presidenti della Commissione e del Consiglio europeo, Ursula von der Leyen e Charles Michel. Per parte cinese parteciperanno sia il presidente cinese Xi Jinping sia il premier Li Keqiang, che potrebbe ritrovarsi in uno degli ultimi eventi internazionali, visto che si rincorrono le voci su una sua possibile uscita di scena quando in autunno ci sarà il ricambio dei vertici del Partito comunista cinese.

Per l’Unione europea Pechino ha imposto “misure coercitive” contro la Lituania, dopo l’apertura a Vilnius di un ufficio commerciale di Taiwan. Parallelamente ha accelerato i preparativi per uno strumento anti-coercizione che dovrebbe consentire di imporre delle misure di ritorsione in situazioni come quella che sta affrontando la Lituania e ha denunciato il caso all’Organizzazione mondiale del commercio ottenendo il sostegno di Australia, Canada, Regno Unito e Stati Uniti.

Un sostegno che significa due cose. Prima: gli sforzi di Washington per spingere gli alleati a difendere Vilnius stanno dando i loro frutti. Seconda: un tale sostegno rappresenta un importante ombrello politico per la Lituania che potrebbe evitarle l’imbarazzo di far fare passi indietro sull’apertura del dialogo con Taiwan (cosa avvenuta comunque nel rispetto della politica Una Cina, ha sempre ribadito la diplomazia lituana).

La Cina ha sempre respinto ogni accusa di coercizione economica, definendo tali denunce “prive di fondamento” e “pericolose distorsioni dei fatti”. “I contrasti tra Vilnius e Pechino sono di natura politica e non hanno a che vedere con l’economia. Sono stati creati dalla Lituania, che ha agito in malafede e danneggiato gli interessi di Pechino”, aveva dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Zhao Lijian, invitando Bruxelles a guardare con diffidenza i tentativi della Lituania di “tenere in ostaggio le relazioni Cina-Unione europea”.

Peccato che da mercoledì 9 febbraio la Cina ha sospeso le importazioni di carne bovina dalla Lituania, intensificando di fatto la repressione commerciale ai danni dello Stato baltico per via del sostegno a Taiwan, considerata da Pechino una “provincia secessionista”. L’amministrazione generale delle dogane cinese non ha fornito alcuna motivazione ufficiale alla sospensione, che di solito avviene per ragioni legate alla sicurezza alimentare. Non è il caso della Lituania, che di recente non ha segnalato alcuna infezione tra i suoi capi di bestiame all’Organizzazione mondiale della sanità animale. Bloccate anche le importazioni di latticini e birra dalla Lituania.

La decisione di Pechino non provocherà alcun problema in quanto le imprese lituane hanno già cessato le esportazioni verso il Paese asiatico trovando nuovi mercati, ha spiegato la premier lituana Ingrida Simonytė parlando ai giornalisti durante la sua visita in Ucraina. “Gli esportatori hanno già rivolto la loro attenzione verso altri mercati”, ha aggiunto.

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