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Spioni, 007, barbe finte. Basta davvero poco per far saltare fuori il lato opaco del repertorio giornalistico che accompagna ancora oggi nell’immaginario le storie dell’intelligence.

È paradigmatico in questo senso il caso della possibile candidatura al Quirinale dell’ambasciatore Elisabetta Belloni, direttore generale del Dis, che, al di là di considerazioni più alte di natura politica, è diventata pretesto per alcuni media di un ritorno al “pensiero antico” intorno al tema della sicurezza nazionale.

E qui si colloca uno snodo a dir poco centrale, perché la percezione collettiva legata al tema dell’intelligence e della minaccia è di fatto ancora legata a modelli obsoleti. La missione intelligence si muove a tutto campo: basta andare al sito ufficiale del comparto, subito sotto il logo (un volo, disegnato da Massimiliano Fuksas) per trovarne richiamato il perimetro: “a protezione degli interessi politici, militari, economici, scientifici ed industriali dell’Italia”.

Il progetto di una intelligence moderna immaginata con la legge 124 del 2007 richiede, infatti, oggi più che mai la capacità di misurarsi in una cornice liquida e complessa, dove la dimensione internazionale ha assunto nel tempo un rilievo centrale. La sfida della complessità giocata dall’ambasciatore Giampiero Massolo e oggi dall’ambasciatore Belloni ha messo in campo una nuova figura di professionista dell’intelligence, dove le tradizionali competenze si prolungano in una dimensione culturale affatto lontana dagli stereotipi dello 007.

L’adrenalina dell’intelligence moderna è anche, e non di meno, di natura culturale, eclettica, trasversale e si muove con le migliori energie del mondo accademico. È anche in questo contesto che nel febbraio del 2020 è nato a Zagabria l’Intelligence College in Europe, con la partecipazione di 23 Paesi, un’autentica agorà di studio e di scambio di esperienze tra Servizi.

Le scuole, nelle loro diverse declinazioni nazionali, sono le protagoniste di un’iniziativa che si gioca sulla dimensione strettamente culturale, sull’“uso di mondo”, sulla costruzione di un nuovo repertorio collettivo di lettura della complessità come premessa e presupposto di una intelligence capace di giocare il proprio ruolo al servizio dell’interesse nazionale, concetto solo in apparenza metafisico, ma nella sostanza concretissimo, sul quale si sviluppa la vera sfida. Senza barba finta, auspicabilmente.

Giù le barbe finte. Bisogna superare gli stereotipi da 007

Di Paolo Scotto di Castelbianco

Un’intelligence moderna richiede oggi più che mai la capacità di misurarsi in una cornice liquida e complessa, dove la dimensione internazionale ha assunto nel tempo un rilievo centrale. L’analisi di Paolo Scotto di Castelbianco, docente all’Università di Genova, già direttore della Scuola di formazione del Dis

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