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Come previsto, l’incontro virtuale fra Biden e Putin non ha portato a nessuna soluzione per lo stallo strategico esistente in Ucraina. Gli Usa hanno ribadito la loro intenzione di rispondere, con i loro alleati europei, a un attacco russo con pesanti sanzioni economiche: congelamento del Nord Stream II e inconvertibilità fra dollaro e rublo.

Verosimilmente anche con l’accelerazione della consegna a Kiev di armamenti moderni. Putin ha ribadito la necessità per la Russia di ottenere un trattato formale, che escluda la possibilità dell’accessione dell’Ucraina alla Nato e forse anche all’Ue, la legittimità dell’ammassamento di truppe in prossimità del territorio ucraino e il diritto d’intervenire in caso d’attacco ucraino per la riconquista delle regioni separatiste filorusse.

Di fatto, il colloquio ha confermato la fine degli accordi Minsk 2 del “Quartetto Normandia” (Francia, Germania, Russia e Ucraina) del 2015, che prevedevano un’accentuata autonomia concordata pacificamente fra Kiev e i ribelli, nonché quella della “Missione trilaterale di monitoraggio” dell’Osce (con la Russia e con l’Ucraina), incaricata del controllo degli schieramenti militari. Essa era però “azzoppata” dal fatto che i suoi ispettori non potevano monitorare le forze russe.

L’esito negativo dei colloqui era scontato. Occidente e Russia hanno due visioni differenti e inconciliabili dell’identità e sovranità dell’Ucraina. Per il primo è una nazione separata da quella russa e uno Stato con piena sovranità, legittimato a scegliere le proprie alleanze. Per la seconda non esiste una nazione ucraina. Essa fa parte storicamente, etnicamente, religiosamente e culturalmente della Russia. Strategicamente è l’area cuscinetto che ne protegge i confini sudoccidentali. Dal secolo XVI, la Russia non è uno Stato, ma un impero. Senza l’Ucraina non può esserlo. Con essa è obbligata ad esserlo.

L’unità dei due Paesi è stata sottolineata più volte da Putin, anche in un fascicolo pubblicato lo scorso luglio sull’unità dei popoli russo e ucraino. Senza Kiev, culla con la Kieven Rus, prima dell’invasione mongola, della civiltà russa, la Russia non sarebbe più tale. Putin sostiene che, all’atto del collasso dell’Urss, Mosca ricevette una garanzia verbale che la Nato non si sarebbe estesa all’Ucraina. L’Occidente avrebbe tradito la sua promessa.

Oggi che la Russia si è ripresa pretende che tale garanzia diventi formale. Gli Usa non possono però accettare di darla. Si modificherebbero gli assetti geopolitici dell’Europa derivati dalla fine della guerra fredda e dal collasso dell’Urss. Nel Summit Nato del 2008, Bush jr ne propose la partecipazione all’Alleanza.

Quali che siano i rapporti fra la Russia e l’Occidente, rimarranno sia l’inconciliabilità delle due posizioni sia la possibilità di Mosca di ammassare massicce forze in prossimità della frontiera ucraina per effettuare pressioni su Kiev e sfidare l’Occidente.

Ritengo improbabile un attacco su larga scala. Potrebbe innescare un’escalation incontrollabile. Potrebbe essere possibile un rapido raid corazzato a sostegno di una rivolta a Kiev, seguito da una rapida ritirata. In ogni caso, la Russia non può invece occupare l’intera Ucraina. Sarebbe un boccone troppo grosso. Sarebbe anche costoso. Soprattutto nell’Ucraina occidentale dovrebbe affrontare una dura guerriglia, sostenuta dall’Occidente.

I russi ricordano certamente che, durante la Seconda guerra mondiale, oltre un milione di ucraini combatté con i tedeschi. Mosca opterà di certo per una strategia indiretta, secondo le tattiche della “guerra ibrida”. Lo spiegamento di forze ha solo funzioni d’intimidazione e di deterrenza.

Essenziali restano il sostegno a rivolte filorusse, la propaganda e la disinformazione. Cercherà di organizzare qualcosa di simile alla Rivoluzione Arancione o a quella Maiden all’incontrario. L’Ucraina potrà vincerle e rimanere indipendente solo con la lotta alla diffusa corruzione e con il miglioramento delle condizioni economiche. Per entrambe l’aiuto occidentale resta essenziale.

L’Ucraina è dominata da oligarchi filorussi. Quindi è particolarmente vulnerabile a colpi di Stato e rivolte. Il Cremlino punta spregiudicatamente su essi. Ad esempio, lo Iiss ritiene che il precedente massiccio schieramento di forze russe ai confini ucraini – avvenuto nel marzo scorso – sia stato provocato dalla reazione di Putin alla chiusura, decisa da Kiev, dei due canali televisivi di proprietà di Victor Medvedchuk, l’oligarca e politico ucraino filorusso più influente. La cosa aveva talmente irritato Putin da fargli rifiutare un incontro chiarificatore con il premier ucraino e a ricorrere agli strumenti propri della “diplomazia armata” di cui è certamente maestro.

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