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La riserva non è ancora stata sciolta ma le voci che girano hanno più di un fondamento. Il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte proverà a conquistare (nelle suppletive di gennaio) un collegio – quello del Centro di Roma – dall’altissimo valore simbolico per il Pd. Il posto è stato lasciato libero dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri e prima di lui da Paolo Gentiloni, e la decisione di schierare l’ex premier è maturata nelle stanze del Nazareno. I vertici democratici hanno benedetto l’ipotesi del grillino per serrare i ranghi anche in vista della partita del Quirinale, in ossequio all’alleanza ormai sempre più stretta fra Pd e Movimento 5 Stelle. Scelta che ha incontrato il favore anche di Leu. Di fatto però, l’ipotesi della candidatura dell’ex premier ha inaridito definitivamente qualsiasi terreno per la costruzione del campo largo. Azione, che in quel Collegio in occasione delle scorse amministrative ha ottenuto oltre il 30%, si è già sfilata. Carlo Calenda ha da poco annunciato la sua candidatura per sbarrare la strada al grillino.

“Il Pd ed Enrico Letta non hanno alcuna intenzione di trovare intese neanche in un collegio dove noi siamo la prima lista con il 31% – scrive in un tweet . Da settimane chiedo un confronto senza pregiudiziali. Nessuna risposta. Quello che gli interessa sono sempre e solo i 5S. Peccato”. E ad Huffington Post conferma: se il Pd schiera il leader 5 Stelle, corro pure io.

Non poteva mancare la sciabolata di Matteo Renzi, con il quale i rapporti sono sempre più difficili per i dem. “Se nel collegio Roma 1 il Pd mette in campo una candidatura riformista, noi ci siamo – scrive il leader di Italia Viva – . Se il Pd sceglie Conte, la candidatura riformista noi la troveremo in ogni caso ma non sarà Giuseppe Conte”.

Perché, spiega il senatore di Rignano “il Pd può fare quello che crede, ma regalare il seggio sicuro (a quel punto forse non più sicuro?) al premier del sovranismo, all’uomo che ha firmato i Decreti Salvini, all’avvocato che non vedeva differenza tra giustizialismo e garantismo significherebbe subalternità totale. È un seggio parlamentare, non è un banco a rotelle”. Poi la chiosa: “Se davvero sarà Conte il candidato del Pd – scrive – ci attende una bellissima campagna elettorale nel collegio di Roma Centro”.

Anche in casa Pd, al di là dei maggiorenti, la candidatura dell’ex premier è stata piuttosto mal digerita. Tutto parte “dal metodo con il quale si è arrivati a questa decisione: sono stati coinvolti solamente i ‘romani’ da Zingaretti a Franceschini. Ma non c’è stata una concertazione”. Il malumore trapela da ambienti che fanno capo a Base Riformista. “Comprendiamo la volontà di chiudere i rapporti con Renzi e Italia Viva – dice un esponente della corrente a Formiche.net – ma non si può sbattere la porta in faccia a Calenda e ad Azione. Peraltro una formazione che, proprio in quel collegio, ha ottenuto una percentuale storica”.

E comunque, oltre al ragionamento sul collegio romano “se si vuole costruire un campo largo, non ci si può permettere di perdere esponenti e porzioni di elettorato che fanno capo a Calenda”. Tanto più che “il Movimento 5 Stelle, in diverse zone d’Italia, è ridotto ai minimi termini”. Verrebbe da domandarsi cui prodest? “Se si vuole mantenere l’attuale legge elettorale, Azione va coinvolta nel campo largo. Sennò è un suicidio”. Un suicidio non assistito.

Conte corre col Pd? I malumori di Base riformista. E Calenda si candida

La candidatura alle suppletive per il collegio Roma 1 non convince parte del Pd: “É un gioco tutto romano. Va bene chiudere con Renzi, ma non possiamo permetterci di perdere Azione”. Calenda promette: “Se scegliete l’ex premier, lo sfido io”. E in quel collegio ha ottenuto il 31% dei consensi alle recenti elezioni amministrative

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