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C’è la firma di Lina Khan sulla decisione della Federal Trade Commission di citare in giudizio Nvidia per l’acquisizione da 40 miliardi di dollari di Arm, i cui chip sono utilizzati in smartphone, tablet e console da aziende come Apple, Samsung e Qualcomm.

Quella che riguarda il colosso statunitense e l’azienda britannica passata nel 2016 nelle mani della giapponese SoftBank per 24 miliardi di sterline è la prima importante decisione da parte della Ftc nell’era Khan, una delle maggiori critiche delle grandi fusioni aziendali e dei monopoli nel settore tecnologico, scelta nei mesi scorsi dal presidente Joe Biden incassando gli applausi dell’ala più a sinistra del Partito democratico.

Secondo la Ftc, che ha approvato all’unanimità la decisione, l’affare, si legge in una nota, “darebbe a una delle più grandi aziende di chip il controllo sulla tecnologia informatica e sui progetti su cui le aziende rivali fanno affidamento per sviluppare i propri chip concorrenti”. L’accordo rappresenterebbe una minaccia per la concorrenza in tre mercati in cui Nvidia è presente: sistemi avanzati di assistenza alla guida, prodotti di rete e cloud computing.

I progetti di Arm sono utilizzati nel 95% degli smartphone del mondo e nel 95% dei chip progettati in Cina. Inoltre, l’azienda concede in licenza i suoi disegni a più di 500 aziende che li usano per produrre i loro semiconduttori. Secondo i critici, la fusione con Nvidia, che progetta i propri chip, potrebbe limitare l’accesso ai progetti “neutrali” di semiconduttori di Arm e potrebbe portare a una minor offerta, prezzi più elevati e meno innovazione nel settore. Secondo Nvidia, invece, potrebbe più innovazione investendo in Arm.

“Le tecnologie di domani dipendono dal mantenimento dall’odierno e competitivo mercato di chip all’avanguardia”, ha spiegato Holly Vedova, direttore del Competition Bureau dell’Ftc. “Questa proposta distorcerebbe l’incentivazione di Arm nel mercato dei chip, permettendo alla combinazione delle due aziende di pregiudicare in modo iniquo i gruppi rivali di Nvidia”. Vedova ha poi aggiunto che l’azione legale dell’agenzia governativa statunitense dovrebbe “inviare un segnale forte facendo capire che agiremo in modo deciso per proteggere le nostre infrastrutture critiche da concertazioni verticali che comportano ampia portata ed effetti deleteri sull’innovazione futura”.

All’operazione, annunciata a settembre dello scorso anno, sono quasi tutti contrari. Per fare qualche nome: Google, Intel, Microsoft Qualcomm negli Stati Uniti e Huawei in Cina, che hanno espresso le loro preoccupazioni alle autorità coinvolte, l’americana Ftc, l’Autorità britannica per la concorrenza e i mercati, la Commissione europea e l’amministrazione statale cinese. E perfino Hermann Hauser, cofondatore di Arm, si è detto contrario.

Nelle scorse settimane le autorità di Stati Uniti, Regno Unito e Unione europea (l’antitrust guidato da Margrethe Vestager) hanno spiegato di aver contatti settimanali sul dossier. Coinvolte da Washington anche le autorità di Giappone e Corea del Sud. Prima della decisione della Ftc quella britannica aveva paventato problemi di sicurezza nazionale oltre che di antitrust.

Il numero di indagini aperte cresce e l’affare, il cui perfezionamento era previsto per il marzo dell’anno prossimo, rischia di non andare in porto. Ne è convinto Alan Priestley, analista di semiconduttori di Gartner, citato dalla Cnbc. “Credo che sia altamente improbabile” che si completi, ha spiegato.

A questo punto non rimanere che capire quale sia la strategia degli Stati occidentali per guardare oltre i mercati nazionali e presentarsi all’altezza della sfida globale, e sempre più strategica, con colossi come la taiwanese Tsmc.

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