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Perché la voce di un vescovo interessa di più di quella del Vaticano? Pe rispondere a questa domanda bisogna prima leggere quello che ha detto il vescovo in questione e poi il Vaticano, sullo stesso argomento. Stiamo parlando ovviamente di Sanremo.

“La penosa esibizione del primo cantante ancora una volta ha deriso e profanato i segni sacri della fede cattolica evocando il gesto del Battesimo in un contesto insulso e dissacrante. Il brano presentato, già nel titolo – Domenica – e nel contesto di un coro gospel, alludeva al giorno del Signore, celebrato dai cristiani come giorno della fede e della risurrezione, collocandolo in un ambiente di parole, di atteggiamento e di gesti, non soltanto offensivi per la religione, ma prima ancora per la dignità dell’uomo. Non stupisce peraltro che la drammatica povertà artistica ricorra costantemente a mezzi di fortuna per far parlare del personaggio e della manifestazione nel suo complesso. Indeciso se intervenire o meno, dapprima ho pensato che fosse conveniente non dare ulteriore evidenza a tanto indecoroso scempio, ma poi ho ritenuto che sia più necessario dare voce a tante persone credenti, umili e buone, offese nei valori più cari per protestare contro attacchi continui e ignobili alla fede; ho ritenuto doveroso denunciare ancora una volta come il servizio pubblico non possa e non debba permettere situazioni del genere, sperando ancora che, a livello istituzionale, qualcuno intervenga; ho ritenuto affermare con chiarezza che non ci si può dichiarare cattolici credenti e poi avvallare ed organizzare simili esibizioni; ho ritenuto infine che sia importante e urgente arginare la grave deriva educativa che minaccia soprattutto i più giovani con l’ostentazione di modelli inadeguati. Sono consapevole che la mia contestazione troverà scarsa eco nel mondo mediatico dominato dal pensiero unico, ma sono ancora più certo che raggiungerà cuori puliti e coraggiosi, capaci di reagire nella quotidianità della vita ad aggressioni così dilaganti e velenose. Soprattutto sono convinto di dover compiere il mio dovere di pastore affinché il popolo cristiano, affidato anche alla mia cura, non patisca scandalo da un silenzio interpretato come indifferenza o, peggio ancora, acquiescenza.”.

Dunque, con lo stesso escamotage di una nota campagna elettorale nella quale un candidato, poi sconfitto, si rifiutava di nominare il suo contendente, il vescovo non nomina mai il cantante che ha dissacrato il battesimo a Sanremo.

E il Vaticano? Ecco cosa ha scritto al riguardo l’Osservatore Romano, quotidiano della Santa Sede: “Chiamati in causa da Fiorello alla cui simpatia non si può resistere, eccoci qui a dire la nostra, come richiesto, su Achille Lauro. In punta di piedi. Perché Sanremo è Sanremo. L’Osservatore è l’Osservatore. E in questo caso si limita a osservare che, volendo essere a tutti i costi trasgressivo, il cantante si è rifatto all’immaginario cattolico. Niente di nuovo. Non c’è stato nella storia un messaggio più trasgressivo di quello del vangelo. Da questo punto di vista difficilmente dimenticheremo la recita del Padre Nostro, in ginocchio, di un grande artista rock come David Bowie. Non ci sono più i trasgressori di una volta”.

La lezione di stile del quotidiano della Santa Sede, soprattutto in materia di trasgressività e qualità, è considerevole, evidente. E il nome di David Bowie non di quelli noti solo nelle sagrestie. Eppure il testo dell’Osservatore Romano non compare su tante prime pagine di quotidiani nazionali, come meriterebbe, per far capire come si discute e quale peso dare all’intrattenimento ma anche alla ricerca di un registro comune e di una contestazione alta. Il testo del vescovo invece è ripreso ovunque, probabilmente perché parla a chi sente il bisogno di dividersi tra Guelfi e Ghibellini, Teste tonde e Teste a punta.

Achille Lauro, gli opposti estremismi e la lezione di stile dell'Osservatore Romano

Il testo dell’Osservatore Romano non compare su tante prime pagine di quotidiani nazionali, come meriterebbe, per far capire come si discute e quale peso dare all’intrattenimento. Il testo del vescovo invece è ripreso ovunque, probabilmente perché parla a chi sente il bisogno di dividersi tra Guelfi e Ghibellini, Teste tonde e Teste a punta

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