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L’amministrazione Biden giovedì ha reso pubbliche accuse e sanzioni contro una campagna di influenza informatica condotta da cittadini iraniani con l’obiettivo di interferire nelle elezioni presidenziali USA 2020.

Il dipartimento del Tesoro ha annunciato sanzioni contro sei individui iraniani e un’entità “per aver tentato di influenzare le elezioni presidenziali americane del 2020”.

La mossa è completamente in linea con la Iran Policy dell’attuale Casa Bianca, che mentre cerca una ricomposizione dell’accordo nucleare Jcpoa — messo profondamente in crisi dall’uscita unilaterale statunitense voluta da Donald Trump — mantiene una linea severa contro quelle parti della Repubblica islamica che considerano gli americani tutt’altro che una potenziale controparte pragmatica, ma come un nemico ideologico.

Contemporaneamente alle sanzioni del Tesoro, il dipartimento di Giustizia ha svelato i capi d’accusa contro due degli iraniani. Seyyed Mohammad Hosein Musa Kazemi e Sajjad Kashian “hanno partecipato a una campagna coordinata e sfaccettata, con l’ausilio di mezzi informatici, per intimidire e influenzare gli elettori americani, e altrimenti minare la fiducia degli elettori e seminare discordia, in relazione alle elezioni presidenziali del 2020”.

I messaggi di Facebook e le e-mail, sostengono i pubblici ministeri, sono stati inviati alla campagna presidenziale del presidente Trump, ai consiglieri della Casa Bianca e ai membri dei media. Includevano un video che portava il logo dei Proud Boys, e i messaggi sostenevano che il Partito Democratico stava lavorando per sfruttare “gravi vulnerabilità di sicurezza” nei siti web statali per la registrazione degli elettori. Una delle false informazioni che Trump e alcuni esponenti Repubblicani avevano fatto circolare durante la campagna elettorale e hanno continuato a sostenere anche dopo il voto.

L’atto d’accusa descrive anche i falsi messaggi elettorali che gli iraniani imputati stavano presumibilmente inviando a cittadini statunitensi utilizzando le informazioni ottenute dal sito web degli elettori di uno stato non identificato.

“Le e-mail (del tutto simili a quelle dei Proud Boys, gruppi di estrema destra che Trump ha sempre difeso, ndr) prendevano di mira i democratici registrati e minacciavano i destinatari di lesioni fisiche se non avessero cambiato la loro affiliazione al partito e votato per il presidente Trump”, ha detto l’accusa, affermando che “includevano il nome e l’indirizzo del destinatario”.

Il caso è stato aperto nel Southern District di New York. Gli imputati sono accusati di cospirazione, intimidazione degli elettori e trasmissione di minacce interstatali. Kazemi sta inoltre affrontando accuse di frode informatica.

Il Tesoro, nell’annunciare le sanzioni, ha detto che gli “Stati Uniti hanno identificato tentativi di intrusione informatica da parte di attori sponsorizzati dallo stato, compresi iraniani che hanno cercato di seminare discordia e minare la fiducia degli elettori nel processo elettorale degli Stati Uniti”.

La ragione alla base di queste operazioni — come in quelle del 2016 e potenzialmente in altre in futuro e non solo negli Usa — non è tanto favorire un elettore piuttosto che un altro, ma creare caos all’interno dell’opinione pubblica, sfruttando vulnerabilità interne ai sistemi sociali aggrediti. Nel caso di questa campagna di infowar era il collegamento ambiguo di Trump con le istanze di estrema destra a essere vulnerabile.

“Questi attori iraniani hanno ottenuto o tentato di ottenere informazioni sugli elettori statunitensi dai siti web elettorali degli Stati Uniti, hanno inviato e-mail minacciose per intimidire gli elettori, e hanno creato e diffuso disinformazione relativa alle elezioni e alla sicurezza elettorale”, ha detto il Tesoro in un comunicato stampa. Di più: “La capacità degli attori di sfruttare questo accesso non autorizzato è stata contrastata dal Federal Bureau of Investigation”.

La società informatica iraniana Emennet Pasargad ha coordinato la campagna secondo le indagini, e per questo è stata sanzionata, insieme ai sei individui a essa collegati. L’azienda era stata precedentemente messa sotto misure sanzionatorie — con un altro nome — per aver fornito supporto al Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche dell’Iran (il corpo militare teocratico giornalisticamente semplificato con “Pasdaran”). Sotto sanzioni è finito anche il direttore della società, Mohammad Bagher Shirinkar.

Come risultato delle sanzioni, “tutte le proprietà e gli interessi nelle proprietà degli obiettivi designati che sono soggetti alla giurisdizione degli Stati Uniti sono bloccati, e alle persone statunitensi è generalmente proibito impegnarsi in transazioni con loro”, e “le istituzioni finanziarie e altre persone che si impegnano in determinate transazioni o attività con l’entità e gli individui sanzionati possono esporsi a sanzioni o essere soggetti a un’azione di esecuzione”.

Il dipartimento di Stato ha infine messo una ricompensa da 10 milioni di dollari “per informazioni su o sulle attività di” Kazemi e Kashian, che sono ricercati dall’Fbi.

Così l’Iran ha cercato di interferire nelle elezioni americane

Sei cittadini iraniani e una società informatica connessa ai Pasdaran sono stati messi sotto sanzioni dall’amministrazione Biden perché ritenuti responsabili di aver cercato di interferire con Usa2020. L’obiettivo non era favorire uno o l’altro candidato ma creare caos all’interno dell’opinione pubblica

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