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È surreale quello che succede in Italia: scoprire nel nostro territorio nazionale giacimenti di petrolio e gas non è una festa come avverrebbe in qualsiasi luogo del mondo, ma un lutto. Infatti tre anni fa il primo governo Conte con un decreto ha limitato pesantemente estrazioni e ricerche del petrolio e gas, condizionato dalla sindrome “nimby” e da pulsioni pseudo-ambientalistiche, ed il risultato di queste decisioni ancora operanti, continua a mettere in difficoltà famiglie ed imprese a causa di esorbitanti rincari in atto di gas e petroli, a spingere in alto l’inflazione.

Come se non bastasse assistiamo alla riapertura delle centrali a carbone di Monfalcone e di La Spezia per fronteggiare la crisi delle forniture di gas per la produzione di energia elettrica. Nessuno solleva il tema, e qualcuno dovrà pur spiegarci del perché in questi frangenti di fortissimi aumenti e turbolenza nel mercato dei carburanti, si conservi il divieto di estrazione, rinunciando ad importanti quantitativi di gas e petroli di nostri giacimenti da sfruttare nell’Adriatico, nello Ionio, nel Canale di Sicilia.

Persistendo in questa assurdità si rinuncia ad allentare la dipendenza in atto della speculazione economica e politica dei Paesi produttori leader, si rende ancora più incerta la sicurezza della continuità delle forniture, ci esponiamo ad offrire il fianco in Adriatico alle attività montenegrine e croate per il loro potenziale sfruttamento dei nostri importanti giacimenti in conseguenza della nostra inoperosità.

Il Pnrr investirà somme cospicue per la transizione energetica con la possibilità finalmente di riparare molti errori del passato. Infatti siamo stati sinora sprovvisti di un efficiente piano energetico nazionale, che nel tempo ci ha esposto a decisioni irrazionali ed autolesioniste, che si sono dimostrate nocive per la competitività delle industrie italiane necessitate di costi compatibili nella competizione internazionale, largamente sottoposte come sono da produzioni che richiedono grandi quantitativi di energia. È bene rendersi conto che la transizione sarà lunga, ed avrà bisogno per compiersi di almeno di 10 – 15 anni per slegarci dalla attuale pesante dipendenza, attraverso la sostituzione delle attuali tecnologie con le nuove, compresi i complessi e giganteschi sistemi di accumulo delle energie prodotte dagli impianti fotovoltaici ed eolici.

Attualmente le nostre produzioni “intermittenti” costituite dal fotovoltaico, eolico e idroelettrico, coprono appena il 16, 50% del nostro fabbisogno nazionale, e dunque lo sforzo sarà ciclopico. Gli interessi che vogliono mantenere il più a lungo lo status quo degli approvvigionamenti, cercheranno di ostacolare in ogni modo la transizione ed allora è salutare dare un forte segno di discontinuità rispetto al lassismo autolesionista, proprio alla vigilia dell’attuazione del Pnrr. Siamo proprio ora assediati da esorbitanti rincari che hanno spinto il governo a provvedere ad attutire con l’impiego ci diversi miliardi di euro per raffreddare il surriscaldato mercato del gas, ed inoltre sono state impiegate altre risorse per indennizzare i cittadini per ripararli dalla speculazione.

Dunque il pieno ripristino delle attività di estrazione oltre che ad agevolarci ora ed in prospettiva, manda un segnale chiaro al mercato ed ai cittadini italiani che è finita un’epoca dominata da interessi che hanno giocato sui bilanci delle famiglie ed imprese e beffato con carambole spregiudicate sui temi dell’ambientalismo.

Vediamo se anche in questa vicenda vince l’esigenza di coprire gli errori fatti nel passato o sostenere evidenti esigenze per il futuro degli italiani

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