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Più filoatlantica ed europeista, meno filocinese. Attenta come non mai alla salvaguardia del clima, irritata dall’immigrazione clandestina. Questa la radiografia dell’Italia ai tempi di Mario Draghi che emerge da un sondaggio dell’Istituto affari internazionali (Iai) insieme al Laboratorio Analisi Politiche e sociali (Laps) dell’Università di Siena e la Fondazione Compagnia di San Paolo.

La rilevazione, effettuata tra il 2 e il 10 settembre del 2021 su un campione di maggiorenni, apre uno spaccato interessante sulla percezione dell’Italia nel mondo. E suona un campanello d’allarme per Palazzo Chigi. Il governo Draghi infatti è promosso soltanto su due fronti: i rapporti con gli Stati Uniti (6.0 su 10) e quelli con l’Ue (6,3). Sul resto resta invece sotto la sufficienza.

È il caso dell’immigrazione, dove l’esecutivo incassa la più sonora bocciatura: la gestione del Viminale targato Luciana Lamorgese ha infatti un voto medio del 4,3%. Idem per i rapporti con Cina e Russia (5.2 entrambe), i Paesi mediterranei (5,8), quelli con la Turchia (4.8).

Ma la politica, si sa, non è fatta di numeri assoluti. Ecco che allora il confronto con il governo precedente, guidato da Giuseppe Conte, fa tirare un sospiro di sollievo a quello attuale. Il team Draghi vince quasi su tutta la linea, registrando ovunque un aumento di consensi, immigrazione inclusa (da 3.7 di Conte a 4.3). Nel complesso, spiega il sondaggio, l’arrivo dell’ex governatore della Bce a Palazzo Chigi ha portato una maggiore “fiducia nel ruolo internazionale” del Paese: l’Italia all’estero conta, dice il 33% degli intervistati, contro il 24% di un anno fa.

Il confronto con il governo Conte-bis

 

L’“effetto Draghi” ha un impatto anche sulla percezione dell’Ue. Un referendum sull’ “Italexit”, svela il sondaggio, oggi sarebbe bocciato dal 57% degli italiani. Un dato non banale, che va letto anche al contrario: quattro italiani su dieci vogliono l’uscita dell’Italia dall’Ue. E anche chi tifa per l’integrazione europea, pone condizioni. Come sulle politiche di austerity: vietato tornare alle regole pre-pandemia su bilancio e deficit, dice il 57% degli intervistati. Anche a costo “di una rottura con i partner europei”, sostiene invece il 40%.

Ovviamente l’afflato europeista cambia, e non di poco, a seconda dei diversi elettorati. Se gli elettori del Pd su tutti i fronti si allineano al governo, nel centrodestra emergono spaccature. Quasi 6 elettori leghisti su 10 (il 57%) chiedono il divorzio con Bruxelles, una percentuale minore invece tra gli elettori di Fratelli d’Italia (50%). La stessa faglia si ripresenta nei rapporti con gli Stati Uniti di Joe Biden: gli elettori di Fdi, unico partito di opposizione, danno a Draghi la sufficienza (6) a differenza dei leghisti (5). In poche parole: il partito di Giorgia Meloni si dimostra un po’ più europeista e filo-Usa di quello di Matteo Salvini.

Interessante il quadro dipinto dal sondaggio sulle priorità degli italiani in politica estera. Il primo dato che salta all’occhio è l’emergenza climatica: l’89% degli intervistati la ritiene la prima minaccia da affrontare, più urgente perfino della pandemia (85%). Un messaggio eloquente ai partiti ancora restii ad abbracciare le politiche green. Nella scala delle minacce alla sicurezza salgono sul podio gli attacchi cyber (70%), l’immigrazione clandestina (60%), le tensioni crescenti con la Cina e la sua “ascesa come potenza globale” (59%).

Un’inversione a u rispetto agli anni precedenti emerge quando si parla della crisi in Libia. “Per la prima volta nella nostra serie di indagini, l’opzione che prevede il salvataggio dei migranti in mare e l’accoglienza nel nostro paese raccoglie la maggioranza relativa (40%) delle preferenze”, spiegano i ricercatori. “Rimangono tuttavia importanti le percentuali di chi vorrebbe una politica di deciso respingimento (34%) o l’invio dei militari in Libia (26%)”.

Sul fronte cinese si registrano novità di rilievo rispetto al 2020. Gli italiani restano mediamente insoddisfatti di come il governo regola i rapporti con Pechino (Draghi leggermente sotto Conte, 5.2-5.4). E dopo un anno e mezzo di pandemia hanno un’impressione più negativa della Città Proibita.

Il salto è notevole: oggi ben due terzi degli italiani considerano pericolosa l’influenza cinese nel Paese sul piano politico (64%) ed economico (67%). Nel 2020 solo la metà esprimeva preoccupazione. Più divisive le proposte per rispondere alla minaccia. Filocinesi e antiamericani sono diminuiti (dal 14% al 9%), e una quota crescente chiede di puntare sul legame con l’alleato americano per mettere alle strette la Cina (dal 12% al 19%). Una corposa maggioranza relativa (44%) ritiene invece che l’Italia debba seguire l’Ue, senza prendere parte nello scontro: la famosa “autonomia strategica” discussa a Bruxelles.

Un caso particolare riguarda invece le secolari relazioni dello Stato italiano con il Vaticano. Le posizioni prese di recente dal Palazzo apostolico su questioni di politica interna, su tutte l’approvazione del Ddl Zan, hanno riportato al centro del dibattito il tema delle “ingerenze” dei sacri palazzi. Il sondaggio Iai fotografa un’Italia tendenzialmente divisa a metà. Poco più della metà degli italiani, il 54%, è convinta che papa Francesco e la curia non debbano avere voce in capitolo sulla politica interna. Ma una minoranza robusta, il 45%, ritiene invece che il governo debba prendere in considerazione questi interventi “cercando di raggiungere un compromesso che tuteli comunque il nostro interesse nazionale”.

Un ultimo passaggio dello studio Iai svela invece simpatie e antipatie degli italiani verso i leader internazionali. Anche qui, la classifica non è scontata. Svettano due donne europee: la Cancelliera tedesca (uscente) Angela Merkel (5.3 su 10) e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen (5.3). Piacciono molto meno due leader autoritari, Xi Jinping (3.8) e Recep Erdogan (3). In mezzo, un inaspettato e insolito testa a testa: il presidente americano Joe Biden infatti supera solo di un decimo il gradimento del suo rivale, il presidente russo Vladimir Putin (4,7 a 4,6).

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