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Il 2021 ha portato eventi estremi come incendi, ondate di caldo, alluvioni. Tuttavia, dopo un anno in cui gli effetti della crisi climatica si sono fatti sempre più evidenti, la rivista del MIT di Boston offre uno spunto in controtendenza: ci sono buoni motivi per essere più ottimisti. O perlomeno, meno catastrofisti. Come ha scritto il professore e ricercatore energetico Jesse Jenkins (università di Princeton): “Non siamo più completamente f****ti. Ma siamo anche lontani dal non essere completamente f****ti!”.

Anche l’autore James Temple invita a mantenere la guardia alta. “I progressi, limitati, non sono sufficienti. Abbiamo impiegato troppo tempo per iniziare a fare dei veri cambiamenti. Gli eventi mondiali e la politica potrebbero ancora rallentare o invertire le tendenze. E di fronte a una sfida generazionale, non possiamo permettere che un piccolo progresso allenti le pressioni per una maggiore azione”. Tuttavia, “vale la pena sottolineare e riflettere sui progressi che il mondo ha fatto, perché dimostra che si può fare, e [questo] potrebbe fornire un modello per ottenere di più”.

Non ci estingueremo

L’anno passato ha dimostrato che la transizione ecologica è decisamente in corso. Anzi, al netto di passi indietro da parte degli Stati, dovremmo essere sulla buona strada per evitare gli scenari più cataclismatici, quelli inerenti a un aumento della temperatura globale entro il 2100 di 4 o 5 gradi rispetto ai livelli preindustriali. Nel ricordarci che l’obiettivo di contenere il riscaldamento a 1,5° è tanto ideale quanto, ormai, impossibile, consideriamo anche che oltre a quella cifra non ci aspetta l’estinzione.

La tendenza di oggi dovrebbe portarci verso un aumento di circa 2,7° secondo l’autorevole Climate Action Tracker, un dato conforme all’ultimo rapporto dell’Ipcc che segnala la rotta verso lo scenario “intermedio” (2,1°-3,5°). Supponendo che tutte le nazioni rispettino il loro impegno preso nei confronti degli accordi di Parigi, contando anche gli aggiornamenti portati nel 2021 a Glasgow, il dato si abbassa a 2,4°. E se ogni Paese raggiungesse zero emissioni nette entro metà secolo, si scende a 1,8°.

Benché l’ultima cifra appartenga al reame dell’altamente improbabile, ci si può consolare del fatto che già stare sotto 3° rappresentarebbe un netto miglioramento rispetto all’inazione: l’umanità sarebbe ufficialmente esentata dal rischio di scomparsa a causa di un pianeta reso sterile e inabitabile. Si può smettere con la retorica della fine dei giorni e si può dire ai più giovani che non moriranno come mosche allo scoccare del secolo.

Certo, 2,7° non sono uno scenario ideale: un riscaldamento del genere spazzerebbe via le barriere coralline, affonderebbe parti importanti delle città costiere e delle isole a bassa quota e sottoporrebbe milioni di persone a eventi estremi, causando impoverimento e migrazione climatica di massa. Non è nemmeno detto che eventuali passi indietro non ci facciamo sforare quella cifra. Ma un pianeta a più 3° è decisamente meglio di uno a 4°, nonché un punto di partenza migliore per scendere, realisticamente, a 2°.

Tecnologia e rinnovabili aiutano (e aiuteranno)

Nel mondo si può apprezzare il rapido allontanamento dalle fonti ad alte emissioni previsto dai piani della maggior parte degli Stati. Si guardi anche al deciso pivot verso la generazione di energia da fonti rinnovabili, destinata ad aumentare del 60% entro il 2026 secondo l’Iea, cosa che le porterebbe a rivaleggiare con le fonti fossili e l’energia nucleare.

Buone notizie anche sul fronte del progresso tecnologico. La popolarità di auto elettriche è in aumento e consolida un mercato con un futuro roseo, che pagherà i propri dividendi ambientali man mano che i Paesi offriranno elettricità più verde e le infrastrutture adeguate. Gli ingentissimi investimenti in ricerca per batterie e nuove soluzioni green tech dovrebbero continuare a rendere meno costose, dunque più accessibili, anche altre tecnologie decarbonizzate.

L’industria sta escogitando modi di produrre acciaio e cemento a basse emissioni – potenziali rivoluzioni, data l’altissima intensità carbonica di questi settori. Nel mondo sta aumentando a ottimi ritmi anche la popolarità delle alternative vegetali alla carne e gli investitori parcheggiano sempre più fondi in start-up legate al clima e alla tecnologia pulita. Il movimento culturale legato all’ambientalismo ha dato il via a un ciclo virtuoso di sviluppo che al netto di eventi estremi non può che espandersi.

Stiamo anche diventando più bravi a salvaguardare le persone a rischio a causa degli eventi climatici estremi in aumento, grazie a miglioramenti tecnologici nella predizione di uragani, alluvioni e incendi, infrastrutture di contrasto più efficaci e reti di recupero e coordinazione più avanzate. Negli ultimi decenni la media di morti per disastri naturali è scesa parecchio, scrive Temple.

Sorpresa: ci sono buone notizie sulla crisi climatica

Sorpresa! Ci sono buone notizie sulla crisi climatica

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