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Come spesso capita quando c’entra la politica estera, Beppe Grillo si affida a Torquato Cardilli, ex ambasciatore in Arabia Saudita a inizio anni Duemila, convertitosi all’islam. È accaduto ad agosto, con il diplomatico che scriveva di “fuga disonorevole da Kabul”. Era accaduto un anno e mezzo fa, quando l’Elevato aveva lasciato a lui la difesa dalle accuse di aver ricevuto fondi al regime venezuelano di Hugo Chávez.

Accade di nuovo oggi, con un articolo dal titolo “Il cervo e il cavallo” pubblicato sul sito del fondatore del Movimento 5 stelle (luogo spesso frequentato da estimatori del modello cinese e della Via della Seta). Con un paragone che salta più di due millenni, partendo dalla Magna Grecia e arrivando al dopoguerra e ai giorni nostri, Cardilli accusa l’Italia di “subalternità” in epoca di Guerra fredda trasformatasi “data la sproporzione di forze e di peso internazionale, in un rapporto ancillare, di cavalier servente, di affittacamere, servitù non più giustificata per le mutate le condizioni internazionali dopo la caduta del muro di Berlino ed il disfacimento dell’Urss”.

Nel mirino di Cardilli ci sono le basi militari statunitensi e Nato in Italia. “La domanda da porre oggi al Governo e al Parlamento è se hanno mai messo sul tavolo la necessità di un riequilibrio politico nei rapporti con gli Stati Uniti che ci hanno visto sempre nel ruolo di palafrenieri non solo nelle servitù militari nel nostro territorio, ma anche nel coinvolgimento in tutte le disastrose avventure militari all’estero (Serbia, Iraq, Afghanistan, Libia, ecc.)”, scrive.

E sostiene che il riequilibrio “dovrebbe comprendere anche gli aspetti legali giudiziari”, dal caso dei marò a quello di Giulio Regeni passando per quello di Chico Forti. Episodi in cui è mancata reciprocità da parte americana, sostiene, “nonostante che il nostro Presidente della Repubblica abbia concesso più di una grazia a vari cittadini americani accusati di gravi crimini commessi in Italia o contro italiani (uccisione di Calipari, rapimento Abu Omar, funivia del Cermis, ecc.)”.

Parole che sembrano un attacco da parte del diplomatico, ma anche di Grillo, alla politica euro-atlantica del governo di Mario Draghi, in cui ha un ruolo chiave il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ex capo politico del Movimento 5 stelle. Forse le recenti prese di posizione in chiave di allontanamento dalla Cina non sono state gradite dalle parti della villa di Sant’Ilario.

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