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A Pittsburgh, città della Pennsylvania simbolo per il passaggio dall’industria pesante all’high tech, si è svolta ieri la prima riunione del neonato Trade and Technology Council costituto tra Unione europea e Stati Uniti.

Il comunicato finale dell’incontro è promettente perché esprime per la prima volta la volontà politica delle due sponde dell’Atlantico di affrontare con un approccio comune le maggiori sfide tecnologiche, ambientali ed economiche dei prossimi decenni.

Il consiglio ha definito dieci priorità da affrontare attraverso la costituzione di appositi gruppi di lavoro. Le materie che il nuovo organismo dovrà affrontare sono tutte di importanza strategica: dall’intelligenza artificiale alla disinformazione, dal contrasto allo spionaggio scientifico e industriale al controllo degli investimenti di Paesi autoritari e alla  produzione dei semiconduttori, dal controllo delle esportazioni di prodotti duali alla misure per la transizione ecologica, dal 5G e 6G all’ universo del mondo digitale e delle telecomunicazioni.

Il filo conduttore che lega i diversi ambiti tematici della nuova cooperazione transatlantica avviata a Pittsburgh è rendere le nuove sfide tecnologiche e commerciali pienamente compatibili con i diritti del lavoro, la tutela dell’ambiente, la libera e leale concorrenza, le libertà civili, la democrazia e lo stato di diritto.

Sui grandi valori della società aperta Unione europea e Stati Uniti, dopo la grande rottura del 2003, sembrano ritrovare finalmente un fertile e ambizioso terreno di collaborazione e di impegno unitario.

Quando, viceversa, il discorso si sposta dai valori agli interessi la questione diventa più complicata. A differenza dell’Asia dove Giappone, India, Australia, Vietnam, Filippine, eccetera premono sugli Stati Uniti per una convergente politica di contenimento verso la Cina, in Europa il clima è diverso. È noto come Germania e Francia siano più prudenti e puntino a mantenere almeno alcuni canali aperti con Pechino.

È comprensibile. In Europa sussistono, infatti, alcune forti interdipendenze con Mosca in campo energetico e con Pechino nell’ambito digitale e in quello delle telecomunicazioni. Mentre gli Stati Uniti sono più autonomi sui versanti energetico e digitale.

I rapporti con Pechino coinvolgono anche il settore privato. Basti pensare al grande accordo tra il gruppo francese di Vincent Bolloré (per inciso, maggior azionista di Tim) e il colosso cinese Tencent, uno dei pilastri della sorveglianza tecnologica cinese di massa (tramite la celebre app We Chat).

Nei prossimi mesi la corsa per l’Eliseo renderà il lavoro del Ttc più complicato. Ma, ripeto, la partenza è promettente perché finalmente Unione europea e Stati Uniti si sono dotati di uno strumento comune per dirimere le proprie divergenze e stabilire una strategia di contenimento intelligente e lungimirante nei confronti di Pechino per contrastare il nuovo totalitarismo digitale e difendere libertà, democrazia e diritti sociali.

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