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Il primo effetto, diretto – tattico più che strategico – dell’accordo di cooperazione militare che la Russia ha stretto con l’Etiopia è la sospensione degli incontri tecnici tra i funzionari del governo egiziano e la Rosatom, la corporation statale russa che si sta occupando dal 2017 di curare la costruzione della centrale atomica di El-Dabaa (a ovest di Alessandria).

Egitto e Etiopia sono in rotta di collisione attorno alla grande diga Gerd, con cui Addis Abeba vorrebbe intercettare le acque del Nilo Azzurro per produrre energia idroelettrica (necessaria per il governo etiope per soddisfare la carenza di elettricità nel Paese). L’infrastruttura è vista come un problema esistenziale al Cairo: bloccando il flusso a monte dell’asta del Nilo, comporterà la riduzione dell’aliquota di acqua che a valle viene utilizzata per irrigare e per soddisfare il fabbisogno idrico egiziano.

Nei giorni scorsi il governo sudanese (altro Paese in causa) ha detto che la portata recepita nelle ultime settimane è diminuita a causa dell’inizio delle operazioni di riempimento della Diga. Siamo già al secondo step e le attività avviate dall’Etiopia si sono portate dietro il riaccendersi di una questione regionale molto calda (vicenda importante perché si dipana su un areale vasto che corrisponde a parte del Mediterraneo Allargato, proiezione geopolitica dell’Italia).

L’acqua è un bene di lusso, e nonostante i rapporti storici tra Egitto e Russia (rapporti più profondi, di valore strategico che vanno dall’industria della difesa all’antiterrorismo fino agli accordi sul vaccino anti-Covid Sputnik V e quelli sul settore commerciale e economico) lo scossone tattico era atteso. “La tensione che aleggia sulle relazioni tra i due Paesi [è] causato dalla crisi della Grand Ethiopian Renaissance Dam etiope, e Mosca rivela una chiara posizione di sostegno nei confronti dell’Etiopia”, ha commentato tre giorni fa il ministero dell’Elettricità egiziano annunciando il rinvio degli incontri con la società russa.

In ballo, per il gigante di Mosca fondato direttamente per decreto da Vladimir Putin (nel 2007), c’è un affare da 21 miliardi di dollari. Secondo fonti informate sentite da Formiche.net, i problemi tra Egitto e Russia sono iniziati da un po’ e manifestati già prima di una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dell’8 luglio, in cui si è affrontata la situazione della Gerd – situazione che è all’attenzione internazionale perché non esclude un, seppur improbabile, conflitto armato tra i vari attori in campo.

I russi in quell’occasione avevano già valutato negativamente l’avvicinamento dell’Egitto alla posizione presa dagli Stati Uniti. Mosca sta cercando spazi per giocare un ruolo da risolutore, o quanto meno mediatore centrale, tra Egitto e Sudan da a un lato e Etiopia dall’altro. Nel farlo ha provato a farsi largo nella competizione diplomatica in corso; per farlo ha bisogno d’essere ascoltata dai protagonisti, e se uno di questi attori chiave come l’Egitto dimostra di preferire la mediazione americana lo schema pensato crolla. Mentre la scelta russa di avvicinarsi all’Etiopia è anche in questo caso tattica: Addis Abeba è semi-isolata, soprattutto criticata dall’Occidente, per via della crisi umanitaria prodotta dal conflitto nel Tigray.

Per Mosca, la relazione con l’Egitto è importante in ottica Mar Rosso, orizzonte strategico che si allunga fino al Corno d’Africa (dove il Mediterraneo si apre verso l’Oceano Indiano). La realizzazione di una zona industriale russa nell’area economica del canale di Suez è un pezzo di questa strategia che doveva trovare il culmine con la costruzione di una base militare a Port Sudan. Come con le relazioni con il Cairo (vedere la vicenda della vendita dei Su-35, messa in attesa dall’Egitto anche su impulso del segretario di Stato, Anthony Blinken), anche in quelle con Khartum la Russia soffre la sovrapposizione americana.

Con la progettazione della base sudanese che nel frattempo si è arrestata, lo stop al dialogo sulla centrale di El Dabaa è un altro fatto che racconta come tra il Cremlino e quei Paesi si sia innescata una relazioni basata anche sulle forzature. Quando il governo egiziano blocca i tecnici di Rosatom con il meeting già calendarizzato intende mandare un messaggio a Mosca; quando la Difesa russa apre un accordo di cooperazione con le Forze armate etiopi vuole inviare un segnale al Cairo. Si tratta di mosse tattiche per ora, il valore strategico degli interessi in ballo sembra superiore alle schermaglie.

(Foto: Rosatom newsletter)

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