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Occhio a sottovalutare il Covid-19. La drammatica situazione in India fa da contraltare ai Paesi occidentali, dove assistiamo a segnali incoraggianti e al progressivo declino del numero di decessi. Oggi, 17 maggio, quel numero è a 3,3 milioni su scala globale secondo i dati aggregati dalla John Hopkins University. Eppure, secondo un modello sviluppato dall’Economist, il caso indiano non è un’eccezione e i morti per Covid sarebbero almeno il triplo.

Gli analisti del settimanale britannico hanno considerato 121 variabili, tra cui morti registrate e demografia, per identificare schemi di correlazione in grado di riempire i vuoti ove mancano i dati (tendenzialmente, nei Paesi più poveri) e arrivare a una cifra realistica di vittime del virus secondo la metrica delle morti in eccesso. Risultato: il Covid-19 avrebbe ucciso tra le 7,1 e le 12,7 milioni di persone, circa 10 milioni realisticamente.

L’aspetto più importante che emerge dall’analisi dell’Economist è l’impatto del virus sulle nazioni emergenti. I dati ufficiali su cui i governi prendono le loro decisioni raccontano la storia delle ondate devastanti in Usa, Europa e Sud America, mentre gli altri Paesi meno sviluppati sembrano averla passata liscia. Non è così: la stragrande maggioranza delle morti in eccesso stimate dal modello sono avvenute in Paesi a basso o medio reddito. In Romania ed Iran, per esempio, le morti sarebbero il doppio di quelle ufficiali, in Egitto tredici volte tanto.

La maggior parte degli analisti conviene sul fatto che le morti in India siano seriamente sottostimate, complici le manchevolezze del servizio sanitario nazionale, e che una cifra realistica si aggiri attorno alle 20.000 al giorno. La situazione in Perù fa meno clamore mediatico, ma secondo il modello dell’Economist sarebbe 2,5 volte peggiore di quella indiana in termini di morti in relazione alla popolazione. I numeri sono preoccupanti anche in Pakistan e Nepal, dove le varianti più infettive stanno facendo impennare la curva dei contagi.

La soluzione, naturalmente, sono i vaccini. Qui l’inghippo: mentre i Paesi più ricchi hanno ordinato molte più dosi del necessario in via cautelare e ne tengono quantità considerevoli come riserve, i Paesi emergenti non hanno i mezzi per fare altrettanto o produrre autonomamente le dosi di vaccino che necessitano. Ad oggi sono state inoculate 1,4 miliardi di dosi, di cui il 44% nei Paesi più sviluppati, che rappresentano il 16% della popolazione mondiale. I 29 Paesi più poveri hanno ricevuto lo 0,3% di quelle dosi. Il divario si allarga ogni giorno.

Di recente il presidente americano Joe Biden ha proposto di sospendere i diritti di proprietà intellettuale sui vaccini per ovviare al problema della produzione, ma come sottolineato più volte da Formiche.net si tratta di una via poco efficace oltre che potenzialmente dannosa. Peraltro la capacità produttiva globale sta aumentando esponenzialmente; secondo gli analisti di Airfinity ad aprile sono state prodotte 1,7 miliardi di dosi, 700 milioni in più rispetto a marzo e dieci volte tanto quelle prodotte a gennaio.

È dunque opportuno ricorrere a Covax, il sistema globale di distribuzione dei vaccini pensato per raggiungere i Paesi in via di sviluppo, ma per limitare il numero di morti evitabili i Paesi più ricchi dovrebbero essere disposti a sacrificare parte delle proprie riserve. Settimana scorsa l’Oms è arrivata a chiedere ai Paesi sviluppati di donare a Covax le dosi previste per bambini e adolescenti, per i quali il rischio di morire di Covid è irrisorio.

Ma ci sono altre strade. Oggi l’Unicef ha argomentato che i Paesi dell’Ue e del G7 possono permettersi di donare 150 milioni di dosi a Covax senza intaccare i propri obiettivi di vaccinazione. Di più: se questi Paesi rinunciassero al 20% delle loro riserve per giugno, luglio e agosto, riuscirebbero a ridurre considerevolmente il divario con i Paesi emergenti e salverebbero vite nell’ordine dei milioni, senza dover subire rallentamenti nei propri piani di inoculazione.

C’è anche il lato pragmatico evidenziato dagli analisti dell’Economist. Una vaccinazione completa arriva a costare solo 4 dollari, ma ne restituisce ben 2.900 per ogni persona salvata dal Covid (al netto degli effetti più duraturi della pandemia sulla persona e il suo impatto sulla formazione, che amplificano ulteriormente il valore della vaccinazione). Un miliardo di dollari in vaccinazioni ne può valere centinaia di miliardi, oltre a limitare le eventuali mutazioni del virus e la possibilità che una variante possa reinfettare i vaccinati.

Ecco perché conviene vaccinare i Paesi emergenti, in fretta

L’analisi dell’Economist evidenzia come le morti per Covid siano pesantemente sottostimate, specie nei Paesi in via di sviluppo. Servono vaccini, urgentemente, e i Paesi più ricchi possono permettersi di salvare milioni di vite (via Covax) senza dover rinunciare ai propri obiettivi vaccinali. Ecco come

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