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La Turchia vuole rientrare nel programma F-35, dal quale è stato escluso dagli Stati Uniti in seguito all’acquisto del sistema russo S-400. L’interesse di Ankara per il velivolo prodotto da Lockheed Martin è noto, almeno quanto il fastidio per l’estromissione da un programma su cui ha basato il futuro del suo potere aereo e coinvolto buona parte dell’industria nazionale. A rilanciare il tema è stato oggi Ismail Demir, presidente della Ssb, l’associazione che riunisce le aziende turche della difesa, ripreso dal quotidiano Hurriyet e da Agenzia Nova.

GLI INTERESSI DI ANKARA

Demir ha annunciato l’avvio di un processo di dialogo con gli Stati Uniti per trovare una soluzione alla questione. “Inizierà nel quadro di questa partnership per garantire che i diritti della Turchia riguardo ai nostri aerei non vadano persi e che venga trovata una soluzione che non vada contro lo spirito di alleanza”, ha detto Demir, rilanciando il tradizionale argomento di Ankara sul tema: “Nessun Paese può essere escluso unilateralmente dal programma F-35”. Di più: “La rimozione di qualsiasi partner è possibile solo attraverso il voto unanime di tutti i partner o se il Paese si ritira per sua volontà”. Secondo Demir, da parte degli Usa ci sarebbe la volontà di aprire il confronto.

TRA BIDEN ED ERDOGAN

Per Washington ha parlato di recente il segretario di Stato Antony Blinken, sulla sia dei rapporti tesi per il riconoscimento da parte degli Stati Uniti del genocidio armeno (tra i dossier più delicati). Blinken ha avvertito Ankara sull’eventuale acquisto di un nuovo sistema S-400, minacciando ulteriore sanzioni: “È molto importante che in futuro la Turchia e gli altri alleati e partner statunitensi evitino di acquistare armi russe, inclusi gli S-400”. Il tema coinvolge anche l’Alleanza Atlantica, di cui la Turchia è membro importante e che è nel pieno dei preparativi del vertice dei capi di Stato e di governo del 14 giugno, quando Joe Biden e Recep Erdogan si ritroveranno faccia a faccia a Bruxelles.

LA QUESTIONE

La questione è esplosa nella primavera del 2019, quando alle prime consegne del sistema russo in Turchia il Pentagono rispondeva minacciando l’estromissione dal programma. Il novembre successivo, neanche l’incontro tra Donald Trump e Recep Erdogan è riuscito a risolvere la questione. La diatriba è sembrata chiudersi difatti il 20 luglio dello scorso anno, quando il dipartimento della Difesa americano ha annunciato ufficialmente che sarebbe stata la US Air Force a farsi carico dell’acquisto dei velivoli che Lockheed Martin avrebbe dovuto vendere ad Ankara, compresa la riconfigurazione di sei apparecchi già dotati della livrea turca. Ancora prima il Pentagono aveva fatto sapere di aver trovato alternative al contributo dell’industria turca, elemento su cui Ankara ha cercato di giocare spesso per restare dentro il programma. Da parte loro, gli Usa hanno continuato a offrire alla Turchia il sistema Patriot, senza però riuscire a evitare la consegna effettiva dell’S-400, che a ottobre scorso ha effettuato i primi test sul Mar Nero, segnando il definitivo punto di rottura.

IL MOMENTO

Era d’altronde un momento non facile dei rapporti tra Turchia e alleati Nato. Ankara si stava da tempo dimostrando particolarmente assertiva su tanti dossier, dalla Libia al Mediterraneo orientale, fino al Nagorno Karabakh. Assertività che ha creato non pochi problemi alla Nato, soprattutto per le rivendicazioni mediterranee e il rischio escalation con un altro Paese membro, la Grecia. Ora diversi dossier si sono tranquillizzati, ma la tensione resta alta. “C’è spazio per negoziare – scriveva pochi giorni fa Francesco De PaloJoe Biden ha avviato su nuovi binari le relazioni fra Stati Uniti e Turchia; è un alleato Nato, ma deve guadagnarsi la fiducia”. Le parole di Demir puntano forse in questa direzione, in attesa del vertice di Bruxelles del prossimo giugno.

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Potrebbero riaprirsi le trattative tra Stati Uniti e Turchia sugli F-35. Ankara è stata esclusa dal programma dopo l’acquisto del sistema russo S-400, ma non ha mai perso interesse per il velivolo e per il contributo industriale. Con l’amministrazione Biden ci sono margini di dialogo, forse concentrati nel prossimo vertice Nato, il 14 giugno. Ma Erdogan deve guadagnarsi la fiducia del collega…

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