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A Francoforte, dicono i bene informati, lo hanno finalmente capito, che i tassi vanno ridotti con maggiore convinzione, fino a portarli a ridosso di quel 2% che è lo spartiacque della politica monetaria della Bce. D’altronde, con un’inflazione che nell’eurozona sta scendendo più velocemente del previsto, c’è poca scelta. Fabio Panetta, governatore di Bankitalia, ha parlato di questo e molto altro nel suo intervento alla Bocconi. Ma il punto di partenza è sempre quello, lo stato di salute dell’economia.

LA BCE NON ABBIA PAURA

“Con un’inflazione vicina al target e una domanda interna stagnante, le condizioni monetarie restrittive non sono più necessarie”, ha esordito Panetta. Un riferimento proprio a quella Banca centrale europea che, a detta di non pochi osservatori, ci ha pensato su un po’ troppo prima di azionare la leva del freno sui tassi. “Nella fase attuale dovremmo concentrarci di più sulla lentezza dell’economia reale: senza una ripresa sostenuta, l’inflazione rischia di essere spinta ben al di sotto del target, aprendo uno scenario che sarebbe difficile da contrastare per la politica monetaria e che dovrebbe quindi essere evitato. In breve, dobbiamo normalizzare la nostra posizione di politica monetaria e passare a un territorio neutrale, o addirittura espansivo, se necessario”.

LA GERMANIA COME L’ITALIA

Rimanendo nel solco della crescita, il numero uno di Via Nazionale, ha ristabilito una verità storica. Se l’Italia, prima della pandemia e ai tempi della crisi del debito sovrano che nell’estate del 2011 gettò le basi per la caduta del governo Berlusconi, è sempre stata vista come la cagionevole d’Europa, oggi non è così. La Germania, con l’industria dell’auto in crollo verticale, ne ha preso il posto. “Dieci anni fa l’Italia era il malato d`Europa. Oggi se devi ridefinire chi sia il malato d`Europa non è l’Italia, probabilmente è la Germania, secondo quanto si legge sulla stampa. Ma non durerà per sempre, le cose cambiano e sono il risultato di scelte e di politiche”. Ma attenzione al vivere di rendita.

“Dovremmo davvero mettere i nostri sforzi nel modernizzare la nostra economia, nel migliorare la nostra capacità di usare la tecnologia e di sostenere la concorrenza. Non ripeterò la lunga lista di riforme che ho fatto in diversi interventi. A volte cerco di essere più specifico, ma è questa la sfida che fronteggiamo e che l’Europa fronteggia”.

IL FATTORE TRUMP

Eppure, c’è qualcosa che preoccupa Bankitalia. E quel qualcosa è Donald Trump e i suoi dazi, che possono riaccendere l’inflazione. “L’imminente cambio nell’amministrazione statunitense aggiunge incertezza alle prospettive di inflazione: i cambiamenti nella politica fiscale e commerciale avranno probabilmente un impatto significativo sull’economia, con implicazioni per la politica monetaria”.

“Le politiche attuate dalla nuova amministrazione statunitense potrebbero ovviamente avere un impatto sulle prospettive di inflazione, ma oggi sappiamo troppo poco per fare ipotesi sul probabile impatto. Potrebbero esserci pressioni inflazionistiche dell’euro. Ma queste potrebbero essere compensate dagli effetti recessivi di un calo dei flussi commerciali, una maggiore incertezza economica e prezzi delle materie prime più bassi dovuti alla minore attività globale. In questo caso, l’impatto complessivo sull’inflazione nell’area dell’euro potrebbe persino essere negativo a causa di un aumento generalizzato delle tariffe e di un deprezzamento”.

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