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Nuova giornata di protesta in Colombia. Oggi, per l’ottavo giorno consecutivo, sono previste manifestazioni nelle principali città del Paese. A una settimana dall’inizio delle rivolte il bilancio è di 20 morti e 800 feriti. Sono scesi in piazza studenti, sindacati, organizzazioni sociali e comunità indigene, nonché cittadini comuni che protestano contro le riforme del presidente Iván Duque.

Tutto è cominciato per la nuova legge fiscale. Le dimissioni del ministro delle Finanze, Alberto Carrasquilla, non sono bastate per fare placare gli animi, e le manifestazioni si sono allargate contro tutto il pacchetto di riforme sulle pensioni, sanità e lavoro per sollevare l’economia colombiana dagli effetti della pandemia.

Per cercare di abbassare le tensioni, Duque ha convocato ad un dialogo nazionale tra settori politici e membri della società civile: “Installeremo uno spazio per ascoltare i cittadini e costruire soluzioni. Non dovranno prevalere le differenze ideologiche, ma un profondo patriottismo. È vitale la partecipazione di tutte le istituzioni, i partiti, il settore privato, i governatori, i sindaci e i leader della società civile”. Tuttavia, il presidente ha ribadito che non saranno tollerate violenze di “disadattati che si dedicano al vandalismo, il terrorismo e la violenza”.

Sulla situazione in Colombia si sono pronunciati gli Stati Uniti, condannando i fatti violenti. Jalina Porter, portavoce del Dipartimento di Stato americano, ha dichiarato: “In tutto il mondo i cittadini nei paesi democratici hanno il diritto indiscutibile di protestare pacificamente. La violenza e il vandalismo sono un abuso di quel diritto […] Allo stesso tempo chiediamo alla forza pubblica di esercitare la massima moderazione per evitare altre perdite di vite”. Gli Usa dunque “riconoscono l’impegno del governo colombiano a indagare sulle denunce di eccessi della polizia e violazioni dei diritti umani e continuano a sostenere gli sforzi del governo di fare fronte alla situazione attraverso il dialogo politico”.

Anche l’Unione europea ha espresso preoccupazione per la crisi colombiana. Peter Stano, portavoce della Commissione europea, ha dichiarato che Bruxelles “segue molto da vicino gli avvenimenti in Colombia, condanna le violenze, ma ha anche fiducia nella capacità delle istituzioni colombiane di indagare i fatti, rispettare i diritti dei manifestanti e fare in modo che non ci sia un uso sproporzionato della forza da parte delle autorità di sicurezza […] Stiamo seguendo molto da vicino quanto sta avvenendo in Colombia e questo è fonte di preoccupazione. L’Ue condanna gli atti di violenza contro il legittimo diritto alla protesta e la libertà di assemblea pacifica e di espressione”.

Da quanto si legge dall’agenzia Nova, Marta Hurtado, portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha manifestato “profonda preoccupazione” per le violenze registrate nella città di Cali, da dove sono partite le proteste: “Il nostro ufficio in Colombia sta lavorando per verificare il numero esatto di vittime […] Anche i difensori dei diritti umani riferiscono di essere stati molestati e minacciati […] Ricordiamo alle autorità dello Stato la loro responsabilità di proteggere i diritti umani, compreso il diritto alla vita e alla sicurezza della persona, e di facilitare l’esercizio del diritto alla libertà di riunione pacifica”.

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