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In una recente intervista pubblicata dal Corriere della Sera, il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Amm. Sq. Enrico Credendino, ha dichiarato che “la Marina ha un progetto di budget, da qui al 2040, si pensa a una portaerei ad energia nucleare, ma anche a droni di ogni tipo e dispositivi per affrontare la minaccia della cyberwar”. Inoltre, ha spiegato Credendino, tutte le navi italiane attualmente in servizio saranno dotate di “ampi spazi per imbarcare droni”. Non è la prima volta che in Italia si parla di una portaerei ad energia nucleare, ma l’intervista a Credendino è stata, probabilmente, la prima occasione con la quale rendere pubblica questa possibilità.

Dotare l’Italia di una portaerei ad energia nucleare è un progetto d’ordine militare che sta andando di pari passo a quello di ricerca di Fincantieri denominato Minerva (Marinizzazione di impianto nucleare per l’energia a bordo di vascelli armati) e sostenuto dal Piano nazionale della ricerca militare (Pnrm), ma che ha avuto il suo risvolto economico-industriale con la nascita di Nuclitalia (società le cui quote sono di proprietà per il 51% di Enel, per il 39% di  Ansaldo Energia e per il 10% di Leonardo), che ha come focus quello di valutare i design più innovativi e maturi del nuovo nucleare sostenibile, con un focus iniziale sugli Small Modular Reactor (Smr) raffreddati ad acqua.

Buona parte della capacità di proiezione strategica italiana all’estero si basa sulle capacità della Marina Militare e, per una nazione marittima, non potrebbe essere altrimenti. Bisogna, inoltre, tenere presente che l’attuale scenario conflittuale e competitivo impone alla Difesa di rivalutare e potenziare la propria capacità “expeditionary”, che dalla costruzione di una portaerei ad energia nucleare riceverebbe un deciso slancio. La capacità e opportunità di proiezione nazionale riceverebbe un notevole impulso, così come la funzione di deterrenza marittima. Infatti, a differenza delle portaerei alimentate convenzionalmente, che sono vincolate dalla disponibilità di carburante, le Cvn possono operare per decenni senza rifornimento di carburante, consentendo durate di impiego più lunghe e presenza continua in teatri vitali.

Critiche a questo programma della Marina sono arrivate sia sul fronte geopolitico dai “limitazionisti”, secondo cui nell’area del “Mediterraneo allargato” non servirebbero portaerei ad energia nucleare, ma anche su quello prettamente tecnico-militare dai sostenitori della “miniaturizzazione” delle navi da battaglia. Secondo i primi, infatti, i confini estremi della proiezione di Roma sarebbero rappresentati da Bab el-Mandeb, invece le Cvn sono tradizionalmente considerate navi di marine “oceaniche”; questo mentre, al contrario, in Italia si è compreso che non vi può essere Mediterraneo sicuro senza una presenza diretta negli oceani Indiano e Pacifico (la “corrente” indo-mediterranea della nostra comunità di politica estera questo l’ha capito molto chiaramente).

Cosa significa una portaerei a energia nucleare per la Marina Italiana. Scrive Del Monte

Di Filippo Del Monte

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