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“Durante la pandemia quasi tutte le regioni ne sono uscite bene, meno lo Stato. E comunque le regioni più deboli ne sono uscite lacerate”. Questo il giudizio di Sabino Cassese, guest star in collegamento con il Meeting di Rimini, per l’incontro dal titolo “Fra federalismo e centralismo, quali prospettive per le Regioni”. Al convegno, introdotto dal professor Andrea Simoncini, vice presidente Fondazione Meeting per l’amicizia tra i popoli (Università di Firenze) e moderato da Roberto Inciocchi di Sky Tg 24, hanno partecipato Mariastella Gelmini, ministra per gli Affari Regionali e le autonomie; Francesco Acquaroli, presidente Regione Marche; Giovaanni Toti, presidente regione Liguria, e Arno Kompatscher, presidente provincia autonoma di Bolzano.

Il noto giudice emerito della corte costituzionale è partito dal XVI secolo. “L’Europa del ‘500 era contesa politicamente tra due sovrani, Francesco I (Francia) e Carlo V (Spagna). Il primo – spiega Cassese – si impegnava anche personalmente, andava in battaglia; il secondo rimaneva a Madrid, ma si peritava di disporre nei territori e sui fronti buoni generali. Questi vinse le guerre. Durante la pandemia invece di un efficiente presidenzialismo delle regioni si è registrato un loro mero presenzialismo. Secondo limite delle regioni è stata la mancanza di quella che definisco la solidarietà tra regioni. In passato c’è stata più solidarietà. Per fare un esempio, quando la situazione delle banche della Calabria e della Lucania si trovarono in difficoltà intervennero banche lombarde (si pensi a Cariplo)”.

Per far ripartire le regioni non serve crearne delle nuove, continua Cassese. “Su alcuni tavoli – nota il giurista – ho visto proposte come quella di creare una regione formata dall’area metropolitana di Roma. Avremmo due regioni, una con un certo ruolo e una seconda come contorno periferico. Invece penso il contrario:  andare verso delle macro-regioni”.  E sulle funzioni attribuite allo Stato e alle Regioni, bisogna essere più elastici. “Vi sono funzioni che debbono passare dalla Regioni allo Stato, e viceversa. Ciò perché con gli anni le funzioni si modificano”. Parlando poi del  bilancio delle regioni, Cassese sottolinea come “i 2/3 di un bilancio regionale sono destinati alla sanità. Per tale motivo in passato, e ancora oggi, i posti apicali nella sanità regionale sono affidati a politici e non a bravi medici. Questo non può continuare”.

“Concordo con il professor Cassese – esordisce la ministra Gelmini – davanti alla pandemia lo Stato ha registrato qualche défaillance, ma come sappiamo è stato un evento eccezionale. La lotta alla pandemia è una lotta dello Stato. Certo, in alcuni momenti si sono viste le regioni come uniche responsabili nel gestire la pandemia, ma poi con un nuovo coordinamento, quello gestito dal generale Figliuolo, le cose sono cambiate in positivo. Ricordiamoci che l’articolo 5 della Costituzione affida alle regioni un importante ruolo di autonomia.”

Per Toti, le regioni hanno reagito bene alla crisi pandemica, e “per esempio, la Liguria, avendo un alto numero di anziani ha avuto, nei primi mesi, più vaccini di altre regioni; in un secondo tempo, la distribuzione si è riequilibrata, e abbiamo chiesto meno vaccini, dando precedenza alle regioni che avevano più popolazione giovane. Quindi, pure rispettando quello che dice il professor Cassese, credo che per alcune regioni vi sia stata collaborazione. Direi – chiosa Toti -, stando al titolo di questa edizione del Meeting, “Il coraggio di dire ‘io’, che il soggetto debba riconoscere il sé in rapporto al tu, così come le regioni, pur non rinunciando alla loro specificità, non si oppongono allo Stato”.

In una sua breve replica Cassese, torna sull’assenza di figure dirigenziali di alta competenza nella sanità nazionale, come anche nei quadri regionali, tanto da fargli porre una educata e pungente domanda: “Perché la Sanità non ha un Figliuolo?”. Toti gli dà ragione.

Il presidente della provincia di Bolzano, Kompatscher, sottolinea la positiva risposta, a livello locale, di fronte alla pandemia, aggiungendo che in questo caso, come in altri, negli ultimi settanta anni, l’Italia ha fatto meglio dei Paesi del nord di lingua tedesca.

Anche Acquaroli riferisce di un positivo agire della regione Marche di fronte alla pandemia, e auspica un maggiore collaborazione tra Stato centrale e regioni, le quali debbono conservare la loro autonomia. Cassese chiude ricordando all’uditorio che “venticinque anni di stagnazione economica ci hanno riportato agli anni Cinquanta. Che dobbiamo pensare a una unità statale effettiva che unisca Comuni, Province, Regioni, e che non dovremmo vergognarci di chiamarla ‘nazione’”.

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