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Il mondo è più pericoloso, per cui è cruciale aumentare le spese per la difesa. Questo assunto del segretario generale della Nato, Mark Rutte, accompagna la vigilia del vertice dei ministri degli Esteri della Nato, in programma il 3 e 4 aprile a Bruxelles, in un momento monopolizzato dal dossier Ucraina, dal riarmo europeo e dall’iniziativa franco-britannica dei cosiddetti volenterosi che non ha trovato l’ampio consenso tra i paesi membri. Ma i due concetti avanzati da Rutte, ovvero più spese per la difesa e costante sostegno all’Ucraina, avranno bisogno di azioni concrete neri prossimi giorni al fine di giungere preparati quando il tavolo diplomatico saudita sulla guerra arriverà ad una conclusione.

Il vertice e i dossier sul tavolo

A Bruxelles, dove ci sarà anche il titolare della Farnesina Antonio Tajani, prima si svolgerà un pranzo di lavoro dei ministri degli Esteri della Nato, durante il quale la discussione si concentrerà sulle sfide che in questo 2025 l’Alleanza Atlantica è chiamata ad affrontare e, a seguire, un incontro dei ministri degli esteri della Nato con i partner dell’Indo-Pacifico (Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud), altra area strategica alla voce Cina e geopolitica connessa. Ma ad attirare le attenzioni generali sono state le parole di Rutte che ha inteso, in prima battuta, spazzare il terreno circa una presunta scarsa coesione tra i paesi membri. Tutti sono uniti, ha tenuto a dire, aggiungendo che gli Stati Uniti si aspettano un impegno da parte di Europa e Canada a raggiungere e superare il 2% del Pil in spese per la difesa, “ben oltre il 3%”. Nella conferenza stampa alla vigilia della riunione dei ministri della Difesa dell’Alleanza, Rutte è entrato nel merito: “So che ci sono stati toni duri. So che alcuni alleati, per esempio da questa parte dell’Atlantico, sono preoccupati per l’impegno a lungo termine degli Stati Uniti nella Nato “.

Più difesa e più aiuti a Kyiv

Il passaggio conseguente lo ha dedicato alla pratica raffigurazione del rapporto tra Ue e Usa: “In tante altre occasioni gli americani hanno ribadito più e più volte il loro impegno nella Nato. Questo impegno è accompagnato da un’aspettativa chiara. Che da questa parte dell’Atlantico e in Canada si spenda di più, che ci si impegni realmente a raggiungere il 2% e poi ad andare oltre, perché abbiamo ancora delle lacune in questa parte della Nato da colmare per raggiungere tutti gli obiettivi”.

In secondo luogo ha fatto le sue congratulazioni a Donald Trump per “aver spezzato lo stallo e sostengo pienamente gli sforzi intrapresi dagli Stati Uniti per porre fine a questa terribile guerra in modo giusto e duraturo, così come gli sforzi del Regno Unito, della Francia e di altri per continuare a garantire una pace duratura quando arriverà il momento”. Contemporaneamente, e quindi per rafforzare la tesi di una Nato pro-pace e pro-Ucraina, ha sottolineato che la Nato e gli alleati continueranno a sostenere l’Ucraina. Nei primi tre mesi di quest’anno sono stati promessi più di 20 miliardi di euro in assistenza alla sicurezza per il 2025, senza dimenticare che il comando a Wiesbaden continua a coordinare la fornitura di assistenza alla sicurezza e addestramento.

Quale difesa in Ue?

A Bruxelles si proverà a fare quadrato sul progetto di riarmo, anche in considerazione dell’intreccio che quell’iniziativa dovrà avere con le politiche Nato. Quando Rutte mette l’accento sul fatto che l’Alleanza “consiglia” i cosiddetti volenterosi lo fa proprio per ribadire la cornice in cui Parigi e Berlino devono immaginare di agire, anche al fine di evitare quel ventaglio di rischi più volte citati da Giorgia Meloni. Per cui Rutte dice apertamente di voler consigliare e spiegare le implicazioni delle decisioni prese per la difesa del territorio alleato. Una traccia, questa, che si lega a doppia mandata ai movimenti di altri paesi, che hanno comunque già esigenze precise alla voce difesa: è il caso della Grecia, sempre alle prese con il caso Turchia che rivendica la zona economica esclusiva nell’Egeo.

In questo senso da Atene giunge la notizia che saranno i 25 miliardi di euro decisi al governo guidato da Kyriakos Mitsotakis per rafforzare la propria difesa, “in un mondo che cambia a ritmi imprevedibili e in un contesto internazionale incerto”, ha spiegato il premier in Parlamento. Il tutto all’interno di un più ampio piano per riformare le forze armate. Non è un paese qualsiasi la Grecia nell’economia complessiva delle politiche europee per la difesa, dal momento che con Polonia, Estonia e Lettonia, è uno dei pochi membri della Nato a spendere più del 3,0% del proprio Pil per la difesa.

Le minacce

C’è infine un aspetto ulteriore che Rutte valorizza, quando alza lo sguardo oltre il dossier Ucraina ed è quello delle minacce costanti all’Alleanza rappresentate dalle azioni di Russia, Cina, Iran e Nord Corea. A Strasburgo il numero uno della Nato lo ripete con veemenza, perché considera quei paesi come soggetti in grado di porre rischi in tutta l’Alleanza e in tutto il mondo, non solo a Kiev. “Vediamo questi e altri attori lavorare per destabilizzare le nostre società con sabotaggi alle infrastrutture sottomarine, attacchi informatici, attacchi di assassinio e altro ancora. Viviamo in un mondo pericoloso e di fronte a queste e altre sfide, dobbiamo costruire una Nato più forte, più equa e più letale”.

Parole che arrivano proprio mentre è stato consegnato il 51mo e 52mo F-35A alla Royal Norwegian Air Force, rendendo la Norvegia il primo partner nazionale dell’F-35 a completare il suo programma di acquisizione (in attesa del voto del Parlamento italiano). Secondo Tore O. Sandvik, ministro della Difesa norvegese, in questo modo i caccia “assicurano la salvaguardia della nostra sovranità e il mantenimento di un controllo migliore sulle nostre aree a terra, in mare e in cielo”, oltre che avere un ruolo cruciale nella protezione dell’Alto Nord e nel supporto alle missioni Nato .

Pace in Ucraina e più spese per la difesa. Il vademecum di Rutte

A Bruxelles si proverà a fare quadrato sul progetto di riarmo, anche in considerazione dell’intreccio che quell’iniziativa dovrà avere con le politiche Nato. Quando Rutte mette l’accento sul fatto che l’Alleanza “consiglia” i cosiddetti volenterosi lo fa proprio per ribadire la cornice in cui Parigi e Berlino devono immaginare di agire, anche al fine di evitare quel ventaglio di rischi più volte citati da Giorgia Meloni

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