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Difendere il dollaro non è difendere una moneta. Ma è difendere una cultura, una nazione, un sistema economico basato su valori democratici. Per questo gli Stati Uniti e i loro alleati più fedeli non possono permettersi di cedere un solo millimetro di terreno. La Cina, con i suoi più o meno strampalati esperimenti monetari, ha provato a spostare il baricentro verso lo yuan. E lo stesso la Russia, con spallate molto meno riuscite. Il giochino, però, almeno per il momento non è riuscito. Questo non vuol dire abbassare la guardia, anzi, è il caso di alzare il tiro e difendere il perimetro palmo a palmo. Di questo sono convinti gli esperti dell’Atlantic Council Martin Mühleisen e Valbona Zeneli.

“Negli ultimi ottant’anni, lo status degli Stati Uniti come superpotenza economica e geopolitica e il ruolo del dollaro statunitense come valuta dominante a livello mondiale si sono rafforzati a vicenda. Sinonimo del ruolo preminente del dollaro nelle transazioni valutarie internazionali e nelle riserve valutarie, il dominio del dollaro è stato a lungo associato all’esorbitante privilegio degli Stati Uniti di finanziare ingenti deficit fiscali e delle partite correnti a bassi tassi di interesse”, premettono i due esperti. Per i quali “ciò ha aiutato gli Stati Uniti a gestire un ingente bilancio per la difesa e a condurre estese operazioni militari all’estero. A loro volta, gli Stati Uniti hanno utilizzato le proprie capacità militari per sostenere la libera circolazione di beni e capitali in tutto il mondo, stimolando la crescita globale e offrendo agli investitori la fiducia nella sicurezza degli investimenti in strumenti finanziari statunitensi. Questo circolo virtuoso ha contribuito alla stabilità duratura dell’ordine internazionale del secondo dopoguerra, portando a un aumento sostenuto del benessere economico negli Stati Uniti e in tutto il mondo”.

Va bene, ma dove sta il problema? “Con la continua contrazione delle dimensioni dell’economia statunitense rispetto al resto del mondo, questa dinamica potrebbe iniziare a capovolgersi. E così mantenere una presenza militare globale sarebbe più difficile da finanziare in futuro se il dollaro statunitense perdesse la sua posizione dominante come riserva, invertendo il circolo virtuoso e accelerando una perdita di influenza globale per gli Stati Uniti. Questo è uno dei motivi per cui concorrenti strategici, come Cina e Russia, stanno attualmente lavorando per una dedollarizzazione delle loro relazioni economiche e dei flussi finanziari globali in senso più ampio: Cina e Russia sono intenzionate a minare il ruolo guida del dollaro, limitando la capacità degli Stati Uniti di imporre sanzioni e rendendo più costoso il servizio del proprio debito e il finanziamento di un ingente bilancio per la difesa”.

Un sabotaggio che però è destinato a fallire. E il perché lo spiegano proprio gli economisti dell’Atlantic Council. “Attualmente non esiste un’altra valuta (o un insieme di valute) che possa mettere in discussione la preminenza del dollaro statunitense. Anche un ruolo minore del dollaro nelle transazioni commerciali globali non metterebbe immediatamente in discussione il suo status di valuta di riserva, data la mancanza di alternative di investimento in altre valute su una scala paragonabile ai mercati statunitensi. Il dollaro ha anche beneficiato di forti effetti di rete globali che sarebbero difficili da sostituire”.

Attenzione, però, al potere dei dazi. Che per l’Atlantic Council vanno maneggiati con cura. “Ciononostante, le misure tariffarie recentemente annunciate dall’amministrazione Trump potrebbero portare a un calo dell’uso globale del dollaro, soprattutto se accompagnate da un calo della fiducia negli Stati Uniti come destinazione sicura e liquida per le attività finanziarie globali. E, di fronte a maggiori costi di indebitamento, gli Stati Uniti sarebbero costretti a prendere difficili decisioni di spesa tra il bilancio militare, i programmi di assistenza sociale e altre priorità. Il loro ruolo di leadership globale diminuirebbe, consentendo agli antagonisti strategici di beneficiare di qualsiasi vuoto lasciato da un ruolo statunitense più limitato”.

Di qui, una conclusione, che Donald Trump farebbe bene a tenere a mente. “È fondamentale per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti che il dollaro mantenga il suo ruolo centrale nel commercio e nelle reti finanziarie globali. Occorre mantenere l’attrattiva degli asset denominati in dollari per gli investitori stranieri, sostenendo la necessità di una rapida risoluzione delle controversie tariffarie che rischiano di indebolire la posizione globale del Paese”. Non è tutto. “Appare necessario compensare il relativo declino delle capacità economiche e militari statunitensi con solide alleanze, che negherebbero alla Cina e ad altri stati autocratici l’opportunità strategica di indebolire l’influenza degli Stati Uniti sulla scena mondiale e l’esorbitante privilegio che il ruolo del dollaro come valuta di riserva globale conferisce ancora”.

Il dollaro non è solo una moneta, è potere globale. Report Atlantic Council

Le spallate di Russia e Cina per spostare il baricentro del sistema monetario sono fallite. Almeno per ora. Gli Stati Uniti, però, farebbero bene a non abbassare la guardia, perché se il dollaro perde forza sarà più difficile garantire la pace nel mondo e la difesa degli alleati. Ecco come proteggere la valuta secondo l’Atlanti Council

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