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Se si pensa all’Ungheria si pensa al premier Viktor Orbán, campione europeo della democrazia illiberale. Giorni fa è tornato alla ribalta mediatica per via del suo scontro con le istituzioni europee e la maggioranza degli Stati membri (Italia inclusa) che lo accusano di promuovere leggi discriminatorie nei confronti della comunità Lgbtq+. Nell’immaginario europeo la sua figura è inscindibile da quella del Paese che rappresenta – ma c’è chi combatte perché questo cambi.

Tra questi spicca Gergely Karácsony, il sindaco eurofilo e verde di Budapest, che settimana scorsa ha appeso una bandiera arcobaleno fuori dal municipio per rimarcare la sua distanza dalla linea Orbán (che si è riflessa nella saga dell’illuminazione dello stadio di Monaco). Il politico guida un fronte anti-Orbán che va dagli ultraecologisti agli ex-sovranisti ungheresi ed è dato alla pari con il partito del premier, Fidesz, nella lotta per le elezioni parlamentari del 2022.

“Vogliamo andare porta a porta con 500.000 attivisti e convincere la gente della nostra idea di Ungheria”, ha detto Karácsony al quotidiano tedesco Bild, evidenziando che il controllo del premier sui media, assieme alla quantità di soldi che finiscono nella propaganda governativa, fanno della campagna una battaglia di Davide contro Golia. Nella stessa intervista ha criticato la legge anti-Lgbtq+, aggiungendo: “Non credo che Orbán sia omofobo, è solo cinico. Sfrutta queste questioni per dividere la società e distogliere l’attenzione dagli errori del suo governo”.

Da anni il sindaco di Budapest parla della necessità di rilanciare la democrazia a partire dalle città, piccoli agglomerati geopolitici capaci di travalicare i contesti nazionali. La sua posizione è avvalorata dall’abitudine di Orbán di ridirigere il flusso di denaro europeo per avvantaggiare Fidesz e il governo centrale. Cosa che è appena successa di nuovo con la creazione ad hoc di una zona economica speciale che ha privato la città di Dunaújváros (in mano all’opposizione) di miliardi di euro in tasse, secondo Telex.

Ma la visione di Karácsony è di più ampio respiro: nel proporsi come alternativa credibile al premier euroscettico, il sindaco ha detto a Bild che “l’Ungheria di Orbán è il passaggio d’entrata nell’Ue per Cina e Russia” e ha posto l’accento sulla possibilità delle due potenze autoritarie di comprare influenza nei campi dell’educazione, della scienza, delle infrastrutture e delle economie nell’Europa dell’Est – un “pericolo immenso per la sicurezza dell’intera Ue”.

“È ovvio che ci sia un grande interesse perché Orbán rimanga al potere”, ha detto Karácsony in riferimento alla vicinanza tra il premier illiberale e i due Stati autoritari. Sul quotidiano tedesco il capo dell’opposizione ha voluto dar voce a una richiesta nei confronti dell’Ue: aiutateci a prevenire manipolazioni elettorali da parte di Pechino e Mosca.

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