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“Aver riportato in Italia la giornalista Cecilia Sala è un risultato straordinario della diplomazia italiana e del premier, Giorgia Meloni”. L’ex premier Lamberto Dini, il cui equilibrio è proverbiale, così come la sua lucidità nei giudizi. Questa volta, però, si sbilancia ed esprime una posizione di netto apprezzamento. Che, fra l’altro, si rafforza nel commento alle parole del presidente del Consiglio durante la conferenza stampa. “Una leader davvero eccellente”, dice a Formiche.net . 

Presidente Dini, non ha mancato – talvolta – di muovere rilievi a questo esecutivo. Tuttavia, nell’affaire Sala, la positività del suo giudizio è netta. Quali le componenti dirimenti?

Non sappiamo quali siano le contropartite con l’Iran a fronte del rilascio di Sala. Possiamo però affermare che l’arresto della giornalista italiana sia legato a quello dell’iraniano Abedini. Ribadisco, però, che il successo dell’operazione è frutto esclusivo delle capacità diplomatiche italiane e dell’abilità politica del premier Meloni.

Non ritiene che gli Usa possano aver esercitato un ruolo?

Ci sono stati senz’altro dei contatti con gli Stati Uniti. Ma non credo che i servizi segreti americani possano aver avuto un ruolo in questa vicenda. È una grande vittoria, tutta italiana.

Qualora ci dovesse essere una richiesta di estradizione?

Il caso Abedini mi ricorda in qualche modo quello di Abdullah Ocalan che dovetti gestire nel 1998. In quel contesto, l’Italia decise di non concedere l’estradizione perché la Turchia era un Paese nel quale vigeva la pena di morte. Per la stessa ragione, qualora dovesse essere avanzata la richiesta, l’Italia dovrebbe opporsi. Non si possono usare due pesi e due misure.

Arriviamo alla conferenza stampa tenuta oggi dal premier Meloni. Quale la sua valutazione?

Un’eccellente conferenza stampa. Meloni ha risposto a tutte le domande, anche le più impertinenti, in maniera estremamente esaustiva. Ho percepito una premier con il pieno controllo del suo esecutivo, cosciente delle tante problematiche da affrontare anche all’interno del governo stesso.

Nel merito – fra le altre cose – è stata ribadita la priorità alle riforme. 

Per quello che posso ipotizzare, la riforma del Premierato non andrà a compimento entro la fine di questa legislatura. La priorità, in questo momento, è la riforma del Csm e per la separazione delle carriere dei magistrati.

Ritiene positivo l’orientamento del governo sulla Giustizia? Di certo su questo punto le polemiche non sono mancate. 

Quanto più le polemiche sollevate dai magistrati si inaspriscono, tanto mi convinco della bontà di questa riforma. Del resto, sia la separazione delle carriere che la riforma del Consiglio Superiore della Magistratura sono sempre stati temi a me cari.

Cosa fece lei, durante il suo esecutivo, per ovviare a questo problema?

Per la verità ho potuto fare ben poco, guidando un esecutivo di programma. Tuttavia ricordo ancora un incontro – nel 1995 – con l’allora Capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, nel quale gli sottolineai la necessità di intervenire con urgenza su questi due versanti. Eppure, siamo ancora qui.

Sul piano della politica estera, quale le sembra sia stato il passaggio più significativo fra quelli fatti dal premier?

Senz’altro quello legato al conflitto in Ucraina. È stato importante, ancora una volta, sottolineare che l’Italia garantirà il massimo appoggio al Paese invaso dalla Russia anche qualora ci fosse un disimpegno da parte degli Stati Uniti in ordine alle forniture di armi.

Al centro, comunque, resta il legame fra il nostro Paese e gli Usa. 

Un legame forte grazie alla buona azione del premier che ha costruito un ottimo rapporto con il presidente Joe Biden e che ora ne sta costruendo un altro altrettanto forte con Donald Trump. L’Italia si sta accreditando come interlocutore privilegiato. Sarà, soprattutto in forza della stabilità dell’esecutivo, il “ponte” tra Usa e Ue.

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