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“Condanniamo fermamente l’escalation di violenza contro le proteste in Myanmar e chiediamo ai militari di interrompere immediatamente l’uso della forza contro i manifestanti pacifici”. Lo ha detto la portavoce dell’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite Ravina Shamdasani commentando le manifestazioni contro il colpo di stato in Birmania. La portavoce ha riferito che secondo informazioni credibili ricevute dal suo ufficio, sono almeno 18 i morti e 30 i feriti.

“Solo oggi, la polizia ha arrestato almeno 85 professionisti medici e studenti, oltre a sette giornalisti, che erano presenti alle manifestazioni”, ha riferito ancora Shamdasani, e “oltre 1.000 persone sono state arbitrariamente arrestate e detenute nell’ultimo mese – alcune delle quali rimangono disperse – per lo più senza alcuna forma di giusto processo, semplicemente per aver esercitato i loro diritti umani alla libertà di opinione, espressione e riunione pacifica”. La richiesta dell’Onu è “il rilascio immediato di tutti coloro che sono stati arbitrariamente detenuti, compresi i membri del governo democraticamente eletto”, ha aggiunto la portavoce.

Anche l’Unione europea ha fatto sentire la sua voce. “Le autorità militari – della Myanmar – devono interrompere immediatamente l’uso della forza contro i civili e consentire alla popolazione di esprimere il proprio diritto alla libertà di espressione e di riunione”, ha detto l’Alto rappresentante dell’Ue Josep Borrell. “L’Unione europea è risolutamente al fianco del coraggioso popolo del Myanmar, che difende la propria democrazia” e “adotterà a breve misure in risposta a questi sviluppi”, ha aggiunto.

Dall’Italia, si alza la voce di Piero Fassino, presidente della Commissione Esteri della Camera. “In Birmania altre vittime innocenti della repressione golpista. Non assistiamo inerti. La Ue attivi un’azione comune con le nazioni asiatiche. Anche l’Italia faccia sentire la sua voce. Ovunque si calpestino i diritti è in gioco anche la nostra libertà”, ha scritto il deputato del Partito democratico sul suo profilo Twitter.

L’ondata di proteste ha scosso il Paese dal colpo di stato militare che ha spodestato la leader civile Aung San Suu Kyi il 1 febbraio scorso. Per disperdere le manifestazioni, le autorità hanno gradualmente aumentato l’uso della forza, fino all’uso di munizioni vive. I militari al potere in Myanmar hanno inoltre licenziato l’ambasciatore all’Onu Kyaw Moe Tun dopo il discorso tenuto davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, durante il quale aveva esortato la comunità internazionale ad usare “ogni mezzo necessario per agire” contro i militari e contribuire a “ripristinare la democrazia”.

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