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Il Giappone ha deciso: le acque contaminate conservate attorno alla centrale nucleare di Fukushima saranno rilasciare in mare. Il governo ha approvato il piano presentato dalla Tepco, società elettrica proprietaria della centrale, che prevede uno scarico progressivo in circa due anni.

Per l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) la scelta è una delle due opzioni tecnicamente fattibili, ed è comunemente impiegata dalle centrali nucleari e dalle infrastrutture per il ciclo del combustibile nucleare non solo in Giappone ma in altri Paesi.

La rilevanza del caso Fukushima è dovuta alla natura degli agenti contaminanti e all’impatto mediatico dell’incidente nucleare dell’11 marzo 2011, il più grave dopo Cernobyl.

Le acque di Fukushima rischiano di scatenare (o aumentare) le tensioni nel vicinato. La Cina e la Corea del Sud hanno immediatamente comunicato “profonda preoccupazione” per il piano giapponese. È in programma una riunione con i ministri del Giappone per coordinare i passi successivi.

Intanto, da Pechino l’approvazione di Tokyo è considerata “grave e irresponsabile”, perché non valuterebbe “le modalità di smaltimento sicure e senza consultare la comunità  internazionale”. A denunciarlo è stato Hua Chunying, portavoce del ministro degli Esteri. “Gli oceani sono proprietà condivisa dell’umanità  – ha sottolineato -, per cui non è solo una questione interna al Giappone”. E ha aggiunto: “Se le acque reflue di Fukushima contenenti trizio saranno scaricate in mare, ciò influenzerà inevitabilmente l’ambiente marino. Le acque reflue dovrebbero essere ulteriormente purificate per rimuovere altri radionuclidi”.

Secondo il ministero degli Esteri cinese, l’analisi di un istituto di ricerca scientifica marina della Germania sostiene che i materiali radioattivi potrebbero diffondersi nella maggior parte dell’Oceano Pacifico entro 57 giorni dalla data di scarico. E il governo giapponese deve “assumersi le proprie responsabilità e rivalutare la questione rispondendo ai propri obblighi internazionali”. In questo senso, la Cina “continuerà a seguire gli sviluppi della vicenda e si riserva il diritto di ulteriori azioni”.

Più pesante la strategia della Corea del Sud, che pensa di presentare una denuncia a un tribunale internazionale contro la decisione del Giappone, secondo ha informato l’ufficio presidenziale di Seul. Il presidente sudcoreano Moon Jae-in spera di bloccare le operazioni di rilascio delle acque in attesa di una decisione giudiziale.

Un portavoce del Ministero di Rapporti Esteri della Corea del Sud ha dichiarato che il rilascio delle acque di  Fukushima “colpirà diretta e indirettamente la sicurezza delle persone e dell’ambiente vicino. È difficile accettare il rilascio in mare se la parte giapponese prende una decisione senza consultarci adeguatamente”.

Il secondo vice ministro degli Esteri sud-coreano, Choi Jong-moon, ha espresso “l’opposizione popolare alla decisione e ha espresso profonda preoccupazione sui potenziali rischi alla salute e all’ambiente”.

Le acque di Fukushima scaricate in mare? La Corea denuncia il Giappone

Tokyo ha deciso di smaltire le acque contaminate della centrale rilasciandole in mare progressivamente in due anni. Una scelta che però i vicini contestano. Seul presenterà il caso ad un tribunale internazionale

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