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Dopo aver messo le mani sul porto greco del Pireo, Cosco, colosso della logistica di proprietà del governo cinese, è in trattative avanzate per l’acquisto di una quota tra il 30 e il 40 per cento del terminal container Tollerort, uno dei quattro dello scalo di Amburgo, primo snodo tedesco e terzo europeo, da secoli un punto cruciale degli scambi tra Vecchio continente ed Estremo Oriente.

Davanti alle mire di Pechino, il governo di Berlino non sembra aver presentato obiezioni, ha rivelato l’emittente pubblica locale Norddeutscher Rundfunk. Il che rischia di far riaccendere i riflettori degli Stati Uniti e degli altri Paesi membri dell’Unione europea che nei mesi scorsi avevano osservato con timori il pressing tedesco per raggiungere, dopo sette anni di trattative, l’accordo sugli investimenti tra la Commissione europea e il governo cinese (firmato a dicembre ma recentemente congelato dal Parlamento europeo). Allo stesso modo continua a preoccupare la linea attendista scelta dall’esecutivo di Angela Merkel sul 5G davanti alle richieste statunitensi di bandire le aziende cinesi Huawei e Zte accusate di spionaggio per Pechino.

Il porto di Amburgo sembra negli ultimi anni sempre più interessante per la Cina, anche in ottica Via della Seta. Basti pensare che il 30 aprile scorso è stato ribadito l’impegno per la linea ferroviaria che già da novembre collega la città portuale tedesca e quella cinese di Xuzhou.  

Infatti, le mire di Cosco nei mesi passati hanno riguardato anche il Mediterraneo e l’Italia, tanto da drizzare le antenne al Copasir. Yilport, che controlla il terminal container di Taranto tramite la spa San Cataldo Container Terminal, a ottobre ha smentito qualsiasi partnership con Cosco dopo le rivelazioni sulla stampa italiana di un’informativa dell’Aise, il nostro servizio di intelligence estera, secondo cui il gruppo logistico turco sarebbe socio di quello cinese, operativo invece nel settore dei container. A Taranto è presente anche l’azienda bolognese Ferretti group, controllata per l’86 per cento dalla società statale cinese Weichai Group, su un’area di 200.000 metri quadrati dello Yard ex Belleli, a meno di dieci miglia alla base Nato da cui partono alcune delle operazioni più delicate del Mediterraneo.

Ma Cosco ha guardato a lungo anche a Genova, dov’è presente China Communications Costruction Company, uno dei grandi contractor della Via della Seta e dallo scorso novembre sotto sanzioni statunitensi. Un anno fa però, a causa delle autostrade paralizzate e dei tir che non raggiungevano lo scalo genovese, Cosco aveva deciso di invitare i clienti a valutare rotte alternativi. In meno di un anno e mezzo, sottolineavamo su Formiche.net, l’entusiasmo per gli investimenti promessi sulla Via della Seta si andava trasformando in delusione.

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