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La Libyan Investment Authority (LIA) ha diffuso i risultati generali della valutazione degli asset. Secondo i dati forniti dal fondo sovrano libico, la consistenza totale ammonta a 68,4 miliardi di dollari, di cui 33,5 sono cash.

La ragione di questa importante liquidità (48,9 per cento del totale) sta nel fatto che dal 2011 il fondo sovrano libico è bloccato da sanzioni imposte dalle Nazioni Unite. Conseguenza automatica del l’instabilità dovuta al rovesciamento del rais Gheddafi (colui che nel 2006 aveva istituito il fondo per reinvestire i proventi del petrolio), le misure sono poi rimaste in piedi nei successivi anni di conflitto Est-Ovest.

Una condizioni che ha portato all’aumento del cash via via è stata la scadenza degli strumenti a reddito fisso, con la conseguenza che il capitale restituito non poteva essere reinvestito. Ora il Governo di unità nazionale guidato da Abdelhamid Dabaiba si ritrova in mano un portafoglio di cui circa la metà è immediatamente utilizzabile per investimenti. La LIA per il nuovo esecutivo onusiano libico è un grosso valore aggiunto, anche perché il successo di Dabaiba — che teoricamente ha un incarico ad interim fino alle elezioni già fissate per dicembre — sta proprio nella capacità di tornare a muovere l’economia di un paese che per un decennio è stato incapace di gestire le proprie ricchezze. Tutto a spese dei libici, che hanno visto le loro condizioni di vita deteriorarsi via via.

Dalla presentazione del quadro degli asset della LIA (oltre al cash, 20,1 miliardi sono ancora attivi, 11,4 in sussidiarie e real estate) risulta che gli investimenti sono distribuiti tra Europa (37,1%), Nord America (33), Africa (23), Asia (6), Sud America (1). Dimostrazione di come la presenza di questo che è il più grande fondo sovrano africano, per differenziarsi, si spalmi su diverse aree geografiche e dunque di come la Libia, dalla finanza, sia parte di vari contesti geopolitici.

L’analisi è stata curata dall’inglese Deloitte — società di revisioni e consulenza tra le più grosse al mondo — sotto la supervisione del chairman della LIA, Ali Mahmoud. Aspetto che è di per sé una notizia: è noto infatti che Dabaiba pensi a un rinnovamento di diverse cariche istituzionali e che Mahmoud sia una delle figure che il premier intende sostituire. Viene da chiedersi se la sua presenza nell’operazione di analisi degli asset sia allora una sorta di dimostrazione di fiducia e dunque pace ritrovata per il momento, oppure un addio a concludere polemiche sulla poca trasparenza che da anni avvolgono il fondo.

La sfida per Dabaiba sta anche qui. Tripoli deve dimostrare alla Comunità internazionale di aver avviato un reale percorso di stabilizzazione. Percorso in cui la fine degli scontri tra Tripolitania e Cirenaica è la condizione propedeutica, che però deve essere seguita da una serie di operazione accessorie e altrettanto importanti (come per esempio la lotta alla corruzione, la costruzione di un sistema-paese più trasparente e moderno) per aprire il futuro della Libia allo sviluppo. Da qui passa la possibilità per Dabaiba o per il suo successore che uscirà dalle elezioni di dicembre di vedersi sbloccate attività come i fondi della LIA.

Anche per questo il fatto che il fondo sovrano confermi consistenze del tutto simili alle ultime ufficiali, risalenti a una valutazione del 2010, rassicura in parte sulle polemiche in merito alla trasparenza tanto quanto sul potenziale depauperamento (è possibile che l’alta quantità di cash, seppure perdendo possibilità di reinvestire e dunque nuovi guadagni, abbia fatto da mezzo equilibratore).

Trasparenza che la LIA vuole inoltre spingere attraverso l’adozione (sotto assistenza inglese) dei Santiago Principles, ossia il codice di autodisciplina dei fondi sovrani promosso dall’International Forum of Sovereign Wealth Funds. Il fondo al momento non sembra sperare nella rimozione totale delle sanzioni da parte dell’Onu (anche perché teme di incorrere in cause legali), ma piuttosto in forme di emendamento per non perdere opportunità di investimento (come per esempio possibilità come quelle che Mahmoud ha discusso al Cairo con l’omologo egiziano).

Dal punto di vista generale, che la LIA abbia presentato i propri risultati alla presenza di Dabaiba e con a fianco il governatore affiancato della Central Bank libica (CBL) manda un segnale di unità tutt’altro che scontato quando si parla di Libia. Dall’altro però, se Tripoli vuole realmente elevare il suo fondo sul livello dei propri pari globali, allora una qualche forma di autonomia in capo ad esso sul piano della governance e della gestione dei propri attivi dovrà essere elaborata.

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Di Uberto Andreatta e Emanuele Rossi

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