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Un po’ la paura per una ripresa dell’inflazione, un po’ i rendimenti sui titoli di Stato in crescita e un po’ quella terribile pandemia non ancora domata, fatto sta che a Wall Street, motore della finanza globale, torna l’agitazione. Se poi ci si mettono anche le bizze del titolo collegato all’uomo fino a poche ore fa più ricco del mondo, Elon Musk di Tesla, allora il quarto d’ora di panico è assicurato.

PAURA A WALL STREET

Sta succedendo qualcosa al di là dell’Atlantico, soprattutto sui listini tecnologici, racchiusi nel Nasdaq. La seduta odierna si è aperta con un tonfo del listino dei titoli tecnologici, che ha perso subito il 3%. E ieri non era andata molto meglio.

Ci sono diversi fattori in campo. Da una parte gli investitori continuano a temere una fiammata dell’inflazione americana che, unita al rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato, provoca una fuga dagli acquisti in borsa. E fanno temere che la Federal Reserve guidata da Jerome Powell ritiri gli stimoli monetari straordinari lanciati nell’anno del Covid prima delle attese.

Basti pensare che soltanto la scorsa settimana, i tassi a 10 anni sono volati di 14 punti base fino all’1,34%, al record dal febbraio del 2020. Dall’inizio di febbraio, la crescita dei tassi è stata di 28 punti base, aumentando sensibilmente il costo del debito americano. Ma c’è un altro fattore, non meno importante dei precedenti: Tesla.

IL FATTORE TESLA

I timori su inflazione e rendimenti non possono bastare a trascinare al ribasso i listini, soprattutto il Nasdaq. Ad affossare la Borsa statunitense (e, di riflesso, anche le piazze europee) c’è anche la crisi nera del titolo Tesla. Che da ben due giorni sta sprofondando, bruciando miliardi. Solo ieri, giorno del primo capitombolo (-8,6%) Tesla ha lasciato sul campo 15 miliardi di capitalizzazione, facendo perdere a Musk il primato di uomo più ricco del mondo.

E anche oggi per Tesla sono dolori. L’azienda di veicoli elettrici è in picchiata, perdendo un altro 8% e scendendo fino a un minimo di 619,73 dollari, ben lontano dalla vetta dei 900 dollari raggiunta a fine gennaio. Ovviamente, per una società della stazza di Tesla che crolla in Borsa, l’effetto a cascata è garantito. Il titolo ha infatti trascinato al ribasso quasi tutti i titoli di aziende in rapporti con Tesla, come i fornitori, o semplicemente attive nella mobilità elettrica. Perché?

L’OMBRA DEL BITCOIN

Molti analisti, inclusi quelli di Bloomberg, si sono fatti un’idea. I crolli di ieri e oggi potrebbero essere legato al grande interesse di Musk per le criptovalute come il Bitcoin che lo ha portato investimenti importanti in tal senso, anche con il portafoglio della compagnia. Nelle ultime settimane, il magnate era diventato una figura di spicco per le monete virtuali. Un interesse culminato con il maxi-acquisto di 1,5 miliardi di dollari di Bitcoin da parte della stessa Tesla, due settimane fa.

Ora però, il contestuale crollo del Bitcoin ha finito col mettere sotto pressione il titolo Tesla e con esso l’intero Nasdaq e Wall Street. Anche qui c’è una ragione. La moneta virtuale si sta rivelando estremamente dannosa per l’ambiente, visto che i mega computer necessari per il mining (estrazione) del Bitcoin consumano oltre 120 Terawatt/ora all’anno, quanto l’intera domanda di energia in Argentina. E non si tratta di energia pulita, perché per il 60% proviene da fonti fossili.

Risultato? Il Bitcoin continua la sua corsa al ribasso anche oggi, perdendo il 17% e provocando un’ondata di vendite su tutte le criptovalute, tra timori di bolla e prese di beneficio. La più importante criptovaluta al mondo ha subìto la perdita più forte da un mese, precipitando fino a 45mila dollari, il 20% in meno rispetto al massimo record di 58,354 dollari toccato domenica, che resta comunque il 60% in più rispetto a un anno fa. Una volatilità inevitabile. Tesla e la Borsa sono avvisati.

Rendimenti, Tesla e il Bitcoin. La connection che spaventa Wall Street

Anche oggi molti titoli del Nasdaq sono finiti sotto pressione, trascinati dal nuovo capitombolo di Tesla. Naturali le ripercussioni su tutta la borsa americana. C’entra la paura per l’inflazione e l’impennata del costo del debito americano. Ma non solo…

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