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Immaginare le direzioni che l’ordine globale assumerà nel futuro è arduo, ma considerare dove eravamo dopo la Seconda guerra mondiale e dove siamo arrivati oggi ci potrà aiutare a capire sia l’ordine che verrà, sia (ed è quel che più conta) se la modalità del cambiamento sarà di tipo pacifico o violento. Il futuro dell’ordine globale è ancorato ai progressi tecnologici e al potere economico delle grandi potenze, nonché alla governance delle relazioni internazionali.

La tecnologia ha avuto sempre grande influenza non solo sul potere economico delle nazioni, ma anche sulle strategie militari, agendo da catalizzatore nelle relazioni internazionali. Nel passato la tecnologia nucleare applicata agli armamenti e seguita dall’equilibrio del terrore, ha caratterizzato il periodo della Guerra fredda. Dopo la caduta del Muro di Berlino, l’alta tecnologia legata al sistema anti-missile Usa rappresentò il “tipping point” per gli equilibri di forza tra le grandi potenze mondiali, riducendo, di fatto, le capacità di deterrenza nucleare degli avversari. Lo sviluppo negli ultimi anni della nuova tecnologia ipersonica, capace di eludere la capacità antimissile Usa (non vi è alcun sistema anti-missile capace di intercettare un missile ipersonico), sta accelerando i tempi del cambiamento geostrategico mondiale a favore delle grandi potenze che hanno già sviluppato e maturato la nuova tecnologia.

Tutti i siti militari fissi e mobili, su terra e in mare, dotati di sistemi di difesa importanti e ritenuti efficaci fino all’avvento della nuova tecnologia, sono oggi da ritenere vulnerabili alle armi ipersoniche. Le capacità di difesa dalle armi ipersoniche non sono state ancora sviluppate e ciò conferisce la primazia solo ai Paesi in possesso di tali armamenti: l’ipersonico conferisce agli Stati sia potere deterrente che coercitivo. Con l’uso dei mezzi e armamenti ipersonici è possibile percorrere spazi enormi in tempi ridottissimi: una velocità Mach 10 equivale a 12.250 chilometri orari; la distanza tra Roma e Mosca in circa undici minuti.

Tali velocità erano inimmaginabili prima d’ora nell’atmosfera per assenza di materiali specifici resistenti alle alte temperature e motori aeronautici “air breathing” capaci di generare spinta oltre Mach 5. La dominance della tecnologia nel campo dell’ipersonico è stata dichiarata dai russi e dai cinesi, mentre gli Usa sono ora nella fase di recupero del gap tecnologico manifesto, che ha indebolito il secondo strategic offset americano basato soprattutto sul sofisticato sistema anti-missile che aveva caratterizzato la grande deterrenza occidentale delle ultime decadi. Gli Stati Uniti avevano lanciato già nel 2014 gli studi per il terzo strategic offset, ma la Cina e la Russia sono state più veloci nel raggiungere la maturità tecnologica nello specifico settore.

Il presidente Putin ha di recente affermato che la Russia detiene la leadership nel campo ipersonico; al riguardo ha presentato il nuovo arsenale basato sul missile ipersonico Zircon (Mach 9, ovvero fino a mille chilometri orari) e il sistema strategico Avangard (oltre Mach 20). Ha inoltre dichiarato di possedere mezzi di contrasto per le armi ipersoniche. La Russia ha tenuto a ribadire che ha raggiunto livelli di sicurezza nazionale molto alti, mai raggiunti prima.

La Cina ha già fatto i primi test sui velivoli ipersonici nel deserto del Gobi e ha terminato da tempo le prove per il velivolo Jiageng 1, sviluppato dalla Xiamen university dopo studi e progettazioni durati dieci anni. Ha adottato il disegno “waverider”, simile al progetto americano Boeing X-51 (Mach 5.1 o 5400 Km/h) e l’anno scorso l’università di Pechino ha già provato nella galleria del vento un “I-Plane” per velocità fino a Mach 7.

Negli Stati Uniti la Raytheon sta sviluppando nuovi missili ipersonici con il concetto “Hypersonic air-breathing weapon”, insieme ad Air force e Darpa. I Paesi europei non hanno investito a sufficienza nella ricerca tecnologica ipersonica e risultano non presenti in questo cambiamento storico, rischiando di “uscire dalla storia”. L’ipersonico ha rivitalizzato la corsa agli armamenti legati al nucleare, prima rallentati dal sistema anti-missile Usa divenuto ora insufficiente per il contrasto. Non solo: le elevate velocità in gioco hanno reso insufficienti tutta una serie di strutture, tra le quali i sistemi attuali di comando e controllo basati sul ciclo Ooda (Osservare, orientare, decidere, agire) e i sistemi di sorveglianza tradizionali basati sulla tecnologia di quarta generazione.

Per contro, hanno valorizzato l’osservazione-ricognizione militare legata al campo satellitare in orbita Leo e l’impiego di tutta l’altezza dell’atmosfera fino alla linea di Kármán. Le velocità associate all’ipersonico caratterizzeranno ora lo sviluppo di nuovi sistemi d’arma per il contrasto della nuova minaccia, i ridotti tempi prevedibili di reazione molto probabilmente richiederanno l’impiego esteso di artificial Intelligence, machine learning e cloud. L’ipersonico quindi sta coinvolgendo in pieno i due nuovi domini militari, ovvero spazio e cyber, con aumento dei livelli di complessità che presuppongono più tolleranza per l’assunzione dei rischi.

Sulla combinazione cyber-war, space-war e capacità ipersoniche si baseranno la nuova deterrenza strategica e i prossimi livelli di conflittualità in contesti simmetrici, dove risulteranno prevalenti i Paesi dotati di una resiliente capacità di osservazione satellitare in orbita Leo e che sappiano elaborare i migliori algoritmi nel campo cyber per sfruttare al meglio le capacità ipersoniche.

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