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Missili, droni kamikaze e basi sotterranee. È lo show militare di Iran e Corea del nord, andato in scena in meno di una settimana tra esercitazioni, parate e messaggi rivolti, su tutti, a Joe Biden, pronto a tornare da presidente alla Casa Bianca. Nei documenti strategici degli Stati Uniti, Teheran e Pyongyang restano in cima alla lista delle maggiori sfide alla sicurezza americana, seconde sole alla competizione a tutto tondo con Russia e Cina.

MISSILI…

Venerdì scorso il sito ufficiale dei Pasdaran iraniani ha riportato il test di missili di “varie categorie” partiti dall’Iran centrale contro “nemici ipotetici” situati nel nord dell’Oceano indiano. I vettori avrebbero centrato gli obiettivi a una distanza di 1.800 chilometri, sotto gli occhi attenti di tutti i vertici delle Guardie rivoluzionarie, a partire dal capo Hossein Salami, affiancato nei video ufficiali dal capo di Stato maggiore delle Forze armate iraniane, il generale Mohammad Bagheri. “Non vogliamo effettuare alcun attacco”, ha chiarito quest’ultimo, pur specificando che i sistemi sono pronti a colpire chi avesse “cattive intenzioni”. I test sono avvenuti nel corso dell’esercitazione “Grande profeta 15”, la terza del giro di tre settimane dopo quella nel Golfo dell’Oman e i test sui droni di inizio mese. Vi hanno partecipato anche velivoli a pilotaggio remoto e un nuovo sistema balistico superficie-superficie.

… E DRONI

Per quanto riguarda i droni, si è messo in scena un attacco a sciame contro un sistema di difesa missilistico. Le manovre dei velivoli a pilotaggio remoto sono state riprese dalla Tv nazionale attraverso scene frammentate. In una si vede il volo in formazione di quattro droni a forma triangolare; un’altra mostra i velivoli che si schiantano su “ipotetiche basi missilistiche”, esplodendo. Il tutto sarebbe avvenuto nel deserto centrale della base. Secondo gli esperti, i droni in questione potrebbero essere stati protagonisti dell’attacco, a settembre 2019, contro le infrastrutture petrolifere più importanti dell’Arabia Saudita.

LA BASE SOTTERRANEA DEI PASDARAN

Le esercitazioni di venerdì fanno il paio con l’inaugurazione di una nuova base missilistica sotterranea da parte dei Pasdaran. Si troverebbe nella provincia di Hormozgan, vicino allo Stretto di Hormuz, e sarebbe operativa da tre mesi. Presenti per l’occasione i vertici delle Guardie rivoluzionarie e della Difesa iraniana, in una sfilata simile a quella di novembre lungo un’infrastruttura sotterranea per i missili balistici situata in località segreta (comprensiva di una nuova capacità per lanci multipli). In entrambi i casi, si tratta di capacità tutte da verificare, funzionali comunque all’immagine che l’Iran vuole dare di sé. Non è un caso che nel giorno dell’inaugurazione della base siano arrivate anche le parole sul tema della Guida suprema iraniana Ali Khamenei: “Riguardo all’appello di alcuni Paesi occidentali per una conclusione dei programmi missilistici e di difesa dell’Iran, voglio sottolineare che a nessuno nel sistema iraniano è permesso di porre fine ai programmi di difesa del Paese”. Parole rivolte soprattutto a Joe Biden, che tra due giorni prenderà il mano il dossier.

RIPRENDE IL DIAGOLO?

Secondo indiscrezioni di stampa israeliane (qui il focus), il presidente eletto sarebbe pronto a riprendere il dialogo con l’Iran, rientrando nell’accordo Jcpoa e cercando di allargarlo anche ai vettori balistici. Siglato nel 2015, l’accordo (da cui Donald Trump ha fatto uscire gli Usa nel 2018) riguardava infatti il programma nucleare e le percentuali di arricchimento dell’uranio, non i missili. Ai vettori è invece dedicata la risoluzione 2231 del 2015 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, la quale però “invita” (e non “obbliga” come la precedente 1929 del 2010) l’Iran a sospendere ogni attività sui missili balistici. Ciò ha lasciato ampi spazi alle ambizioni balistiche di Teheran, che si è potuta muovere con disinvoltura sui vettori. Per questo l’Iran mostra i muscoli e non sembra avere fretta di ridare vigore al Jcpoa, puntando prima di tutto alla revoca delle sanzioni.

I MISSILI DI PYONGYANG

Ma per Biden il dossier iraniano si somma a quello nordcoreano, per cui si prospetta il ritorno a una logica più assertiva. Il presidente eletto ha criticato abbondantemente l’atteggiamento amichevole di Trump per Kim Yong Un, definendo quest’ultimo un “delinquente”. Giovedì, a conclusione delle ricorrenze per la festa dei lavoratori, il leader nordcoreano ha assistito a un’imponente parata in notturna conclusa nella piazza centrale di Pyongyang, intitolata al nonno. Riflettori puntati sui nuovi sistemi d’arma per un arsenale già corposo: un nuovo missile balistico lanciabile da sottomarini, a due stadi, ritenuto l’ultima versione del vettore Pugguksong già testato; nuovi missili balistici a corto raggio, caricati in coppia su un sistema di lancio mobile, più grandi dei già svelati KN-24, serie di vettori con design simile ai russi Iskander.

IL SEGNALE

Come di consueto, le rivelazioni sui sistemi hanno acceso le preoccupazioni di Corea del sud e Giappone, i cui ministeri della Difesa hanno fatto sapere di essere già a lavoro per capire il reale status delle capacità di Pyongyang. Preoccupazioni che arriveranno a Joe Biden, la cui politica estera non potrà prescindere da uno sguardo più attento alle dinamiche asiatiche. Tra l’altro, già a ottobre, in un’altra parata, la Corea del nord aveva mostrato un nuovo missile balistico lanciabile da sottomarino e, soprattutto, un nuovo missile balistico intercontinentale, un razzo da 26 metri trasportato da un veicolo a undici ruote.

Missili e droni. Così Iran e Corea del nord salutano Joe Biden

Una settimana di show militare da parte di Iran e Corea del Nord, tra esercitazioni di missili balistici, inaugurazioni di basi sotterranee e parate celebrative con vettori sottomarini. È il messaggio di benvenuto di Teheran e Pyongyang per Joe Biden, pronto a tornare alla Casa Bianca

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