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L’Organizzazione mondiale del commercio avrà per la prima volta, a un quarto di secolo dalla sua nascita, il primo direttore generale donna. Lo stallo si è sbloccato non appena caduto il veto statunitense con l’uscita di Donald Trump e l’ingresso di Joe Biden alla Casa Bianca. Ngozi Okonjo-Iweala, economista nigeriana già ministro degli Esteri e dell’Economia del suo Paese, sarà il prossimo direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio. E con lei, che siede nei board di Standard Chartered Bank, di Twitter e dell’alleanza globale per il vaccino Gavi, i record infranti diventeranno due: sarà il primo direttore generale proveniente dall’Africa. Prenderà il posto del dimissionario Roberto Azevêdo.

L’ex presidente statunitense preferiva Yoo Myung-hee, candidata sudcoreana attualmente a capo del ministero del Commercio di Seul. Su di lei c’erano i veti di Cina e Giappone alla luce delle tensioni nella regione. Ma non solo: infatti, con un direttore generale asiatico Pechino e Tokyo non potrebbero puntare a strappare un vice proveniente dallo stesso continente. Dei quattro vice uno è americano, gli altri tre sono a rotazione tra America Latina, Africa, Europa e Asia. E non manca chi già ricorda come la Cina abbia già avuto una vicepresidenza negli ultimi sette anni, quella di Yi Xiaozhun. Chi lo fa spera di evitare che Pechino continui ad avere un suo rappresentante ai vertici dell’Organizzazione.

UN PROBLEMA PER PECHINO

La vittoria di Okonjo-Iweala rappresenta l’occasione per smentire la teoria secondo cui l’Africa sia ormai, almeno nelle sedi del multilateralismo, un potentato cinese. Infatti, l’ex ministro nigeriano, che ha passaporto statunitense, ha passato molti anni alla Banca mondiale a Washington, elementi sottolineati dai funzionari di Pechino nello sforzo di contrastare la sua corsa evidenziandone la vicinanza agli Stati Uniti.

Tuttavia, un accademico a conoscenza delle mosse cinesi verso l’elezione del direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio a ottobre aveva spiegato al South China Morning Post che Pechino è “preoccupata per entrambi i candidati. È un compromesso piuttosto difficile tra i due”. Secondo Kong Qingjiang, vicepresidente della China Society del Wto Law Research, le due finaliste non danno “piena soddisfazione alla Cina”. “Questo è il costo che deve pagare per far funzionare l’Organizzazione mondiale del commercio in questo momento”, ha aggiunto Kong.

LA CONTROFFENSIVA USA

Forse, piuttosto, è un modo per indorare la pillola. Infatti, la Cina sta subendo la controffensiva degli Stati Uniti nelle sedi del multilateralismo. A giugno si sono tenute le elezioni per scegliere i nuovi membri non permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (di cui la Cina è membro permanente e in quanto tale ha diritto di veto). I cinque Paesi vincitori — Kenya, India, Irlanda, Messico e Norvegia — godono tutti dell’appoggio degli Stati Uniti e la nuova composizione del Consiglio potrebbe favorire gli sforzi di Washington per contenere l’influenza di Pechino. A marzo, invece, gli Stati Uniti avevano evitato che la Cina conquistasse anche la guida della Wipo, l’agenzia Onu per la proprietà intellettuale, facendo eleggere nuovo direttore generale dell’ente dei brevetti Daren Tang, candidato di Singapore.

Intervistato dopo il voto per la Wipo da Formiche.net, Richard Gowan, UN Director dell’International Crisis Group, spiegava: “Da qualche tempo l’amministrazione Trump stava mettendo in guardia dall’influenza crescente della Cina alle Nazioni Unite ma fino a questa settimana Pechino sembrava essere ancora in ascesa”. E ancora: “Non penso che il presidente Donald Trump si sia innamorato delle Nazioni Unite! Questa amministrazione rimane molte scettica verso l’approccio multilaterale. Ma penso che il team di Trump abbia realizzato che se non si fosse mossa con maggior decisione per contrastare l’ascesa della Cina, Pechino avrebbe molto semplicemente preso il controllo del sistema delle Nazioni Unite pezzo per pezzo. Sono convinto che stiamo entrando in un periodo in cui Cina e Stati Uniti si sfideranno per il controllo delle agenzie delle Nazioni Unite. Stiamo anche assistendo a crescenti tensioni tra Cina e Occidente al Consiglio di sicurezza, in particolare sullo Xinjiang”. Temi che rimangono, seppur con un’impostazione multilateralistica, anche con Joe Biden alla Casa Bianca.

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