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Donald Trump tenta una spallata all’esito delle presidenziali, chiedendo ai governatori repubblicani della Georgia e dell’Arizona di convocare una sessione speciale dei Parlamenti statali, per ribaltare il risultato nei loro Stati, dove ha vinto Joe Biden, e nominare grandi elettori che lo appoggino quando il Collegio elettorale sarà chiamato a eleggere formalmente il presidente il 14 dicembre.

La spallata di Trump arriva nel giorno in cui Biden supera la soglia dei 270 grandi elettori necessaria per essere eletto, con la certificazione dei risultati da parte della California, che lo fa salire a 288 grandi elettori contro i 222 di Trump. Manca la certificazione dei risultati in Stati che valgono complessivamente 28 grandi elettori.

Le pressioni di Trump sui governatori della Georgia, Brian Kemp, e dell’Arizona, Doug Ducey, hanno preceduto un bagno di folla del presidente uscente, che, accompagnato dalla first lady Melania, è stato accolto a Valdosta, in Georgia, da migliaia di fan con ovazioni e cori. Donald e Melania erano entrambi senza mascherina, come gran parte del loro pubblico.

È stato il primo comizio di Trump dopo l’Election Day, a sostegno dei due senatori repubblicani uscenti impegnati nei ballottaggi del 5 gennaio. Melania l’ha così introdotto: “Il presidente Trump continua a lottare per voi ogni giorno… Fai sentire la tua voce, Georgia”.

Prima del comizio, Trump aveva telefonato a Kemp, chiedendogli anche di ordinare un controllo delle firme sulle schede del voto anticipato. Kemp, secondo la ricostruzione del Washington Post, ha respinto le richieste del presidente, sostenendo di non avere il potere di esaudirle. Ne è seguito uno scambio di tweet fra Kemp e Trump, che gli ha contestato di non avere “mai ottenuto la verifica delle firme! I tuoi si stanno rifiutando di fare ciò che chiedi. Cosa stanno nascondendo? Almeno chiedi subito una sessione speciale della legislatura. Lo puoi fare facilmente e immediatamente”.

In un tweet successivo, Trump ha coinvolto anche il governatore dell’Arizona: Kemp e Ducey sono rei, ai suoi occhi, di non fare abbastanza per ribaltare l’esito del voto. “Tra Ducey e Kemp, il Partito democratico non potrebbe essere più felice… Se fossero con noi, avremmo già vinto sia l’Arizona che la Georgia”. I due Stati non basterebbero, comunque, a rovesciare l’esito delle presidenziali.

E ancora: “Abbiamo ricevuto di gran lunga più voti legali. Tutto quello che posso fare è governare, fare campagna ed essere un buon (grande!) presidente. Spetta al 100% agli Stati gestire le elezioni”. Il magnate aggiunge, in tono intimidatorio: “I repubblicani non dimenticheranno mai questo”, insistendo su accuse di brogli non confermate neppure dal dipartimento della Giustizia.

Trump non dà tregua: “Vincerò facilmente e velocemente se il governatore o il segretario di Stato permetteranno una semplice verifica delle firme”, che “dimostrerà discrepanze su larga scala”. “Perché questi due ‘repubblicani’ dicono no? Se vinciamo la Georgia, tutto il resto va a posto!” (cosa non vera).

Il presidente mantiene una forte presa sul Partito repubblicano, a giudicare da un’indagine condotta dal Washington Post. Solo 25 parlamentari repubblicani su 249 — sommando deputati e senatori — riconoscono la vittoria di Biden, due la attribuiscono a Trump, mentre gli altri 222 non dicono chi ha vinto o non rispondono.

Il quotidiano ha posto altre due domande ai 249 parlamentari repubblicani: se riconosceranno Biden come presidente legittimamente eletto qualora ottenga la maggioranza del collegio elettorale — i sì salgono a 30, i no restano due, ma 217 non si sbilanciano —; e se condividono gli sforzi del magnate per rivendicare la vittoria — nove sono contrari e otto favorevoli, mentre 232 non si pronunciano.

Ufficialmente, Trump era in Georgia per sostenere i due candidati repubblicani al Senato impegnati nei ballottaggi che il 5 gennaio decideranno chi avrà il controllo del Senato — i repubblicani devono vincerne almeno uno, per mantenervi la maggioranza.

Fronte democratico, venerdì Barack Obama aveva tenuto un primo comizio virtuale in Georgia, mentre il vicepresidente Mike Pence era ad Atlanta a fianco dei due candidati repubblicani. Pure Joe Biden intende fare campagna in Georgia: si ignora, però, al momento dove e quando.

Nel suo comizio, il magnate ha denunciato il rischio di “una deriva socialista”, se i repubblicani perderanno il controllo del Senato; ha sostenuto che i democratici provano a truccare i ballottaggi; ha ribadito di avere vinto in Georgia e di avere vinto le elezioni; ha evocato l’ipotesi che il Paese vanga “salvato” dai Parlamenti degli Stati o dalla Corte suprema, rovesciando il risultato elettorale; ha di nuovo citato la possibilità di ricandidarsi nel 2024 se non sarà presidente nei prossimi anni; e s’è arrogato il merito dell’arrivo dei vicini anti-coronavirus.

Questo mentre, secondo la John’s Hopkins University, i contagi nell’Unione, alla mezzanotte di ieri sulla East Coast, superavano i 14.583.000 e i decessi erano 281.200.

www.giampierogramaglia.eu

Così Trump tenta la spallata in Georgia e Arizona

Continuano gli sforzi del presidente per ribaltare l’esito del voto. Ora è in pressing sui governatori di Georgia e Arizona. Il punto di Gramaglia

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