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A poche ore dall’arrivo di Volodymyr Zelensky a Washington, Donald Trump riapre il canale diretto con Vladimir Putin. Una telefonata di due ore, la promessa di vedersi a Budapest “per mettere fine alla guerra” e l’offerta di riportare la Russia nel sistema economico occidentale segnano una fase nuova del confronto tra Stati Uniti e Cremlino. Quali sono le aspettative? Formiche.net ne ha parlato con Carolina de Stefano, docente in European and Russian History presso l’Università Luiss.

Come legge il comportamento del Cremlino, alla luce delle ultime notizie?

Vediamo una diplomazia russa che di base non si muove dalle sue posizioni, nonostante un potenziale interesse a continuare a dialogare con Trump, che sta facendo anche delle promesse di far rientrare la Russia nel sistema economico occidentale, anche con l’idea di riportare il business americano in Russia. E questo è un segnale di un più ampio cambiamento strutturale rispetto all’incontro precedente. Ma non garantisce che nel corso di questo incontro si troverà una soluzione. Anche il contesto è cambiato.

Che intende?

Gli Stati Uniti hanno dato il placet ad attacchi in territorio russo, per colpire le basi dell’economia energetica russa. Il che vuol dire che è stata varcata una linea rossa il cui superamento fino a pochi mesi fa, almeno negli occhi degli osservatori, avrebbe scatenato una terza guerra mondiale. Ma oggi un allargamento del conflitto a macchia d’olio, anche in territorio russo, c’è stato, e la Russia non ha risposto in modo radicale. Sì, ha aumentato l’intensità degli attacchi contro Kyiv e altre città ucraine, ma non ha stravolto il suo comportamento. Eppure, la Russia è stata colpita nel su punto più delicato, quello delle forniture di petrolio. Ma, secondo me, fa parte dell’approccio di Trump, che può sembrare ingenuo, ma forse non lo è così tanto.

Ci dica di più sull’approccio di Trump…

Secondo me l’approccio di Trump è un po’ quello del bastone e della carota. Fino ad Anchorage ha mostrato a Putin la disponibilità ad incontrarsi e a riconsiderare la Russia come un interlocutore e non un paria, andando su questioni che vanno oltre il singolo dossier ucraino. E ricordiamoci che per i russi il riconoscimento gioca un ruolo importante. Allo stesso tempo, però, ha mostrato di poter andare molto oltre, fornendo a Kyiv armi capaci di colpire il cuore dell’economia russa, o minacciando di interagire con il prezzo del petrolio grazie al riavvicinamento con i Paesi arabi avvenuto nel contesto della crisi di Gaza. Sicuramente ha affinato le armi del ricatto. Adesso vedremo come le userà.

Quindi sembra che Trump miri a ridefinire le basi stesse del rapporto Usa-Russia, non solo all’interno del caso ucraino?

Sì, ma sempre secondo le logiche di Trump. In ogni caso, credo che non si possa trovare una soluzione più o meno temporanea al conflitto senza inserire l’Ucraina in un accordo più ampio. Può sembrare una visione cinica, però finché ci si sofferma solo sulle soluzioni da adottare sul confine e su quali peacekeeper mandare ci ritroviamo come nel 2014, ma con il precedente del 2014.

A proposito di 2014, in questo contesto sembra che l’Europa sia un po’ messa da parte. Dopo l’incontro in Alaska Trump si è incontrato con Zelensky ma anche con tutta una serie di leader europei, rappresentanti di quell’Europa occidentale più anti-putinista; stavolta non si parla di incontri con i leader europei, e anzi l’unico leader in qualche modo coinvolto per questo incontro è Viktor Orban, che di certo non si può definire né un filo-atlantista né un antiputiniano. Che vuol dire?

Non vedo particolari discrasie. Al netto delle narrative, i russi hanno sempre affermato di volersi rapportare solo con gli americani, con gli americani che sono disposti a interloquire direttamente con i russi. Anche in virtù di sfruttare lo spazio libero lasciato dal ritiro di tutte le imprese europee in seguito all’imposizione delle sanzioni, un obiettivo più facilmente raggiungibile se si arriva per primi senza concorrenti. Orbàn ovviamente è un’eccezione rispetto agli altri europei, non si è mai schierato contro Mosca, anzi. Ed è benvisto da entrambi i leader.

Crede che Trump possa decidere di usare l’Ucraina come “merce di scambio” per ottenere concessioni da parte di Mosca? Magari anche rispetto a un allontanamento da Pechino?

Non è da escludere. Più che usare l’Ucraina, casomai collocarla all’interno di uno schema più ampio. In questo momento sembra che per Trump ci sia la forte volontà chiudere dei dossier aperti, e che quindi sia trascinato anche dall’intento e dall’idea di essere quello che garantisce un cessate il fuoco. Non si tratta quindi di sfruttare l’Ucraina solo per la grande strategia, ma per una cosa più contingente. Sicuramente c’è un interesse anche a cercare di allentare, per quanto non sia una cosa veramente reversibile, il rapporto tra Russia e Cina. Ma rallentare la formazione di una vera e propria alleanza euroasiatica è sicuramente uno dei temi per Trump.

Riconoscimento e minacce, vi spiego l'approccio di Trump con Putin. Parla De Stefano (Luiss)

“L’approccio di Trump è un po’ quello del bastone e della carota. Fino ad Anchorage ha mostrato a Putin la disponibilità ad incontrarsi e a riconsiderare la Russia come un interlocutore e non un paria, andando su questioni che vanno oltre il singolo dossier ucraino”. La lettura di Carolina de Stefano, docente presso la Luiss, della nuova telefonata Trump-Putin e del possibile incontro in Ungheria

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