Skip to main content

“Una rivoluzione industriale, una rivoluzione dell’informazione e un rinascimento, tutto in una volta”. Così l’amministrazione Trump descrive l’intelligenza artificiale (AI) nel nuovo AI Action Plan, presentato mercoledì scorso. Con la progettazione, Washington segna una nuova fase nella politica tecnologica nazionale e internazionale: un mix di continuità industriale, ambizione globale e svolta ideologica.

Il piano prevede il taglio delle regolamentazioni per incentivare l’adozione dell’AI, l’accelerazione nella costruzione di data center, l’esportazione di “pacchetti tecnologici completi” verso alleati e partner, e la rimozione di quelli che la Casa Bianca definisce “pregiudizi ideologici” dai sistemi di intelligenza artificiale.

Ma in cosa questo piano differisce dalle precedenti politiche americane sull’AI? Quali saranno gli effetti sull’industria statunitense e sulla governance globale dell’intelligenza artificiale? E quali impatti economici ed energetici potrà avere? A queste domande hanno risposto gli esperti dell’Atlantic Council.

Continuità strategica o svolta radicale?

Graham Brookie, vicepresidente per i programmi tecnologici dell’Atlantic Council, sottolinea che l’AI Action Plan rappresenta una notevole continuità con le precedenti strategie Usa, in particolare per quanto riguarda gli investimenti in infrastrutture, hardware e capitale umano. La vera rottura – afferma – riguarda la governance e le salvaguardie. Brookie solleva inoltre tre interrogativi cruciali sull’attuazione del piano: la disponibilità di fondi pubblici in un contesto di tagli, il rischio di polarizzazione politica nell’allocazione delle risorse e la difficoltà di armonizzare norme con gli alleati mentre si cerca di contenere l’influenza cinese negli organismi internazionali.

Trey Herr, direttore della Cyber Statecraft Initiative, paragona il piano a una nuova corsa agli armamenti tecnologici, senza però che sia chiaro “verso dove si stia correndo”. Nota anche che alcune misure, come il rilancio del CHIPS Act, sono in realtà vecchie iniziative riciclate. E segnala l’ironia di voler sfidare la Cina nei forum multilaterali dopo aver chiuso l’ufficio del Dipartimento di Stato incaricato di gestire proprio questi dossier.

Diplomazia tecnologica e governance globale

Trisha Ray, direttrice associata del GeoTech Center, individua nel piano un messaggio ambizioso: gli Stati Uniti devono soddisfare la domanda globale di AI, non reprimerla, esportando pacchetti completi di soluzioni tecnologiche. Tuttavia, osserva che questo slancio si scontra con severi controlli alle esportazioni, e che Washington è ancora debole nello strato della governance dell’intelligenza artificiale. Ray invita la Casa Bianca a proporre una visione positiva, basata su valori condivisi, per costruire allineamenti duraturi con gli alleati.

Raul Brens Jr., direttore del GeoTech Center, è più critico: definisce l’approccio statunitense come un tentativo di “ingegnerizzare la corsa” in modo unilaterale, con lo slogan implicito “buy American, trust American”. Questo, avverte, potrebbe risultare poco convincente per partner europei e asiatici che stanno costruendo proprie architetture normative fondate su trasparenza, inclusione e sostenibilità. La leadership tecnologica da sola non basta, serve anche fiducia reciproca.

Ananya Kumar, vicedirettrice per il Future of Money, sottolinea che, a differenza dell’EU AI Act – che punta a introdurre barriere normative – il piano americano persegue una logica fortemente deregolatoria, ma si apre al piano internazionale con l’obiettivo di guidare la definizione degli standard globali. Tuttavia, non esiste ancora un “tabellone unico” per questa corsa: ogni attore ha una propria idea di cosa significhi vincere.

Infrastrutture, open source e concorrenza industriale

Nitansha Bansal, vicedirettrice della Cyber Statecraft Initiative, apprezza la visione a tutto campo del piano, che abbraccia l’intera “stack” dell’AI – dall’energia alla forza lavoro. Valuta positivamente l’attenzione all’open source e la promozione di un ecosistema dell’innovazione sostenibile. Evidenzia anche come la riforma dei permessi potrebbe ridefinire la geografia delle infrastrutture AI negli Stati Uniti.

Esteban Ponce de León, ricercatore del DFRLab, mette in guardia sul rischio di concentrazione del potere tra pochi attori dominanti, favorito dalla corsa alla “superiorità dei modelli”. Avverte che il sistema potrebbe degenerare in una competizione fondata su benchmark truccati, più che sulla reale capacità di innovazione. Tuttavia, nota che l’apertura al modello open source riflette una competizione più fluida e multipolare, dove a contare potrebbe non essere un singolo modello vincente, ma la capacità di costruire ecosistemi dipendenti dall’AI statunitense.

Energia e geoeconomia dell’intelligenza artificiale

Joseph Webster, senior fellow presso il Global Energy Center, identifica due ambiti energetici con potenziale consenso bipartisan: l’espansione della rete elettrica intelligente – indispensabile per sostenere l’esplosione dei consumi dei data center – e gli investimenti in batterie avanzate a doppio uso, che potrebbero potenziare sia veicoli autonomi sia capacità militari.

Mark Scott, ricercatore presso il DFRLab, osserva che molte priorità interne del piano americano – snellimento normativo, promozione della ricerca, attenzione alla forza lavoro – coincidono con quelle europee. Ma avverte che, sul piano internazionale, la strategia “Make America Great Again” potrebbe urtare la visione europea di un cyberspazio aperto e interoperabile, creando una frizione crescente nei rapporti transatlantici.

Ecco cosa c’è da sapere sull’AI Action Plan di Trump

Il piano intende proiettare la leadership statunitense non solo nell’innovazione, ma anche nella definizione delle regole del gioco. Ma proprio questo potrebbe aprire tensioni con alleati, industrie e società che guardano all’intelligenza artificiale come a un bene comune da regolare, non solo un’arma da dominare. Il parere degli esperti dell’Atlantic Council

Etiopia e non solo, così l'Italia sta vincendo la sua scommessa in Africa. Parla Cirielli

Intervista al viceministro degli esteri che accompagnerà Giorgia Meloni in Etiopia: “L’Italia rimane una delle poche Nazioni in grado di realizzare grandi opere infrastrutturali all’estero riuscendo a competere e spesso a prevalere anche nei confronti dei giganti asiatici”. E sull’Africa aggiunge: “Riteniamo che sia necessario un cambio di paradigma: dobbiamo andare oltre l’emergenza degli sbarchi e guardare al continente africano con una prospettiva di lungo termine”

Enel spinge sulla sostenibilità con due nuovi finanziamenti da Citi ed Eifo

L’accordo con la banca Usa e il Fondo danese è finalizzato a soddisfare le esigenze finanziarie correlate agli investimenti sostenibili dell’azienda

Comunicato al verde. Cosa racconta del clima tra Ue-Cina l’unico documento congiunto

Il clima resta una delle poche aree dove è retoricamente possibile sostenere in forma pubblica che esiste ancora una cooperazione Ue-Cina. Ma anche lì, la distanza cresce. Il documento siglato a Pechino durante il Summit è un testo utile sul piano diplomatico, ma vuoto su quello operativo. In questo momento, tra Bruxelles e Pechino, parlare è ancora possibile. Avvicinarsi, molto meno

La prima casa degli astronauti sulla Luna sarà italiana, parola di Urso

Il primo habitat abitabile sulla Luna sarà a guida italiana. Thales Alenia Space svilupperà per conto dell’Agenzia Spaziale Italiana il modulo Mph, parte essenziale del programma Artemis. Una sfida tecnologica ambiziosa, che coinvolge un consorzio industriale nazionale e che punta a consolidare il ruolo dell’Italia nella corsa allo spazio. L’obiettivo? Costruire un avamposto stabile per l’esplorazione lunare e, in prospettiva, quella marziana

Perché la lotta toghe-politica conviene a tutti. Parla Panarari

Il centrosinistra è stretto in una morsa. Da un lato, i casi giudiziari che toccano amministratori chiave come Beppe Sala a Milano e Matteo Ricci nelle Marche, dall’altro il pressing crescente di Giuseppe Conte, che alza il tono sulla questione morale e cerca di ridefinire i rapporti di forza nel campo largo. Mentre Elly Schlein, tra ispirazione movimentista e pragmatismo obbligato, si muove con cautela, sperando in un ritorno alla “normalità”. Ma il quadro, secondo quanto dice a Formiche.net il politologo Massimiliano Panarari, è tutt’altro che normale

Oltre mezzo trilione di dollari. Ecco il piano ambizioso di Nuova Delhi sulla Difesa

Con un piano da oltre 543 miliardi di dollari, l’India punta a trasformare radicalmente la propria postura militare. La strategia ruota attorno all’indigenizzazione industriale, alla modernizzazione tecnologica e a una sempre maggiore integrazione interforze. L’Operazione Sindoor ha evidenziato progressi importanti, ma anche lacune logistiche da colmare. Nonostante il terreno da recuperare sia ancora molto, Nuova Delhi sembra decisa a diventare un attore militare di primo rango nell’Indo-Pacifico

Così nel Sahel il jihadismo alimenta il traffico di migranti e la minaccia transnazionale

Nel Mali occidentale, Jama’at Nasr al-Islam wal Muslimin espande la sua influenza con attacchi coordinati che destabilizzano Kayes e le rotte migratorie verso le rotte atlantica e mediterranea. La spirale tra violenza, repressione e migrazione alimenta reti criminali transnazionali, aggravando la crisi umanitaria e la sicurezza regionale

E se gli Usa si ritirassero dall’Europa? Tutti gli scenari e una lettura

Le priorità dell’America di Donald Trump e i cambiamenti negli equilibri strategici globali rendono sempre meno improbabile un ridimensionamento della presenza statunitense in Europa. Le capitali europee, però, sembrano impreparate a questa eventualità, nonostante il momento attuale sia forse il più favorevole per rilanciare le ambizioni del continente e ribilanciare i rapporti interni alla Nato

Mosca è a corto di patate. L'altro fronte della crisi russa

Dopo le prime crepe nel sistema bancario, i primi fallimenti delle imprese, i primi vagiti di una stretta fiscale senza precedenti, ora Mosca si scopre persino povera del suo alimento principale. Colpa delle sanzioni, dell’inflazione e del clima. E nemmeno la fidata Bielorussia può aiutarla

×

Iscriviti alla newsletter