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Potrà sembrare assurdo, ma nella nuova guerra commerciale tra Occidente e Cina, formato terre rare però, c’è una buona notizia. Che avrà un costo. E cioè che l’irrigidimento della Cina, piuttosto improvviso, nelle esportazioni di minerali critici essenziali per l’industria della Difesa e per la tecnologia a essa connessa, potrà avere l’effetto di emancipare le grandi economie occidentali dal Dragone. In gergo si dice disaccoppiamento e per la verità negli Stati Uniti sta già avvenendo a suon di accordi con Paesi terzi ma ricchi di terre rare.

Certo, Pechino rimane sempre padrona del 70% delle miniere sparse per il globo e all’Europa, che certamente non ha il potere contrattuale degli Usa, potrebbe alla fine non restare altra scelta che appoggiarsi agli alleati Stati Uniti per negoziare direttamente con Washington gli approvvigionamenti. Gli esperti del Bruegel, in questo senso, non hanno dubbi. La chiusura cinese porterà a una progressiva frammentazione delle catene.

“L’intensificarsi delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, segnato dall’espansione del 9 ottobre dei controlli cinesi sulle esportazioni di terre rare e dalla successiva minaccia del presidente Donald Trump di imporre dazi aggiuntivi del 100% sulle importazioni statunitensi dalla Cina, sottolinea la crescente sfiducia, reciproca, tra le due maggiori economie mondiali. I mercati hanno reagito bruscamente, bruciando oltre 1,5 trilioni di dollari di valore in soli due giorni. La controversia minaccia persino il vertice dell’Asia-Pacific Economic Cooperation (Apec) previsto per il 31 ottobre tra Trump e il premier cinese Xi Jinping“, premette un report del prestigioso think tank.

“In Europa, aziende come Airbus, Volkswagen e i produttori di veicoli elettrici saranno duramente colpite dalla stretta cinese. Infine, il produttore di chip taiwanese Tsmc potrebbe essere seriamente colpito perché necessita di terre rare per la produzione di semiconduttori per l’Intelligenza Artificiale”. E questo perché “la Cina controlla il grosso della capacità globale di lavorazione delle terre rare, cruciale per le catene di approvvigionamento che includono batterie, semiconduttori e munizioni di precisione”, sottolinea il Bruegel.

Ora, “gli appelli di Trump per la ripresa dei negoziati per disinnescare le tensioni non hanno fermato la continua escalation da entrambe le parti. Anche se si raggiungesse una tregua sulle terre rare proprio a margine dell’incontro di persona tra Trump e Xi al vertice Apec, la crescente sfiducia tra le due economie e le potenziali gravi conseguenze dei controlli sulle esportazioni annunciati dalla Cina, uniti ai dazi aggiuntivi del 100% da parte degli Stati Uniti, porterebbero a un disaccoppiamento ancora più rapido delle catene di approvvigionamento”.

Il che vuol dire che “poiché gli Stati Uniti soffrono di carenze di terre rare, investiranno di più nell’approvvigionamento-raffinazione di terre rare altrove. La Cina continuerà a ridurre la sua dipendenza dalla tecnologia e dal mercato statunitensi, accelerando l’autosufficienza. Le aziende globali, soprattutto nei settori dei semiconduttori, dei veicoli elettrici e della difesa, dovranno in questo senso affrontare costi più elevati nell’adeguarsi e settarsi su catene di approvvigionamento non più cinesi”.

Ecco come la stretta cinese cambierà la geografia delle terre rare. Report Bruegel

L’improvviso irrigidimento di Pechino sulle esportazioni di minerali critici, offre a Stati Uniti ed Europa l’occasione di fare fronte comune e creare le basi per catene di approvvigionamento indipendenti dal Dragone. Una strada che appare ormai segnata e che proietta l’Occidente verso una topografia delle forniture

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