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Sul niet dei quindici senatori grillini al voto di fiducia al Governo Draghi si è consumato lo strappo. Il detonatore che ha fatto esplodere una situazione già esplosiva, seppur in maniera latente, da parecchio tempo. “Ora si tratta di capire che portata avrà questa scissione. Lo stress test a cui i partiti sono sottoposti nell’ambito della nuova compagine governativa può costituire una prova formidabile per fare chiarezza anche all’interno del Movimento 5 Stelle”.

A dirlo è Massimiliano Panarari, sociologo della comunicazione e docente dell’università Mercatorum. “Il Governo Draghi penso sia una straordinaria sfida per il nostro Paese. Il fatto di non coglierla consegna all’Italia la drammaticità della crisi di sistema”. L’affidamento dell’incarico da parte di Mattarella all’ex presidente della Bce ne è in qualche modo la prova plastica.

“L’Italia corre un grosso rischio – osserva il sociologo – e questo Governo tecnico-politico che si basa sull’appello allo spirito repubblicano è uno stress test per il sistema dei partiti: in crisi dai tempi di Tangentopoli e che non propone un’offerta politica solida”. Questa fase comunque “potrebbe essere una tregua rispetto alla campagna elettorale permanente e peraltro un frangente temporale nel quale i partiti possono ripensare al loro ruolo e intavolare delle proposte progettuali per il futuro”.

Ovviamente senza “creare intoppi nel Governo”. Quantomeno non aggiungerne a quelli già presenti. Tornando ai dissidenti, la disamina di Panarari parte da una considerazione sulla palingenesi dei grillini. “Il Movimento non ha mai accettato che al suo interno ci fossero delle correnti e non ha mai ammesso un dissenso (che pure c’era) alla linea ufficiale dei vertici. In più, i 5 Stelle non sono mai giunti alla conclusione del processo di ‘partitizzazione’. E questo necessariamente ha effetti sulla stabilità di una formazione politica”.

Ecco che quindi si arriva alla scissione “determinata dal fattore esogeno: il Governo”. Ora, il sociologo si interroga principalmente sul modo nel quale la scissione si concretizzerà a livello parlamentare. Ma, soprattutto, il punto di sospetto riguarda la parte di ‘responsabili’ del Movimento. “L’appoggio al Governo Draghi da parte di una fetta sostanziosa dei grillini è una prova di maturità e di responsabilità, anche nel solco di quanto ha dichiarato lo stesso Beppe Grillo. Ora si tratta di capire quanto durerà questa fase e se effettivamente il Movimento potrà diventare forza di governo stabile”.

D’altro canto Panarari su Mario Draghi ha un’opinione entusiastica. Un afflato che, più di ogni altra cosa, deriva “dall’idea di Paese e di visione che ho potuto cogliere dalle parole del premier”. Rispetto a quello precedente, soprattutto, in netta discontinuità. Uno scorcio di speranza che si articola su piani diversi. “Il progetto di questo Governo – analizza il docente di Mercatorum – si incardina sulla volontà di ristabilire i fondamentali che i partiti hanno lasciato andare. L’obiettivo è chiaro: ricollocare l’Italia a 360 gradi nello scenario post covid”.

Tuttavia Panarari è consapevole che si tratta di un “programma molto complesso e soprattutto appeso ai chiari di luna dei partiti”. L’approccio di Draghi, il sociologo lo definisce “keynesiano moderato e aggiornato”. I punti di forza del discorso del premier Panarari li individua nella capacità di “indirizzare il paese verso una modernizzazione strutturale. Un progetto di ampio respiro nel solco della transizione ecologica. Una nuova idea di Paese che miri a superare l’impasse legato ai problemi generazionali e alle donne”.

Ancora “una riforma seria sotto il profilo del Fisco, un piano di sviluppo economico che finalmente esce dalla logica dei sussidi a pioggia e si impernia sulla necessità di creare lavoro e impresa”. Comunque, uno dei famosi ‘paletti’ che potrebbero minare la stabilità dell’esecutivo è l’ormai famigerato intergruppo parlamentare formato da esponenti di Pd, Leu e Movimento 5 Stelle.

“C’è un dibattito intenso all’interno del Pd – ricorda Panarari – specie dalle parti di Base riformista e nella frangia che fa capo a Orfini. A mio giudizio si tratta di un retaggio ‘contiano’, con una buona dose di nostalgismo, studiato in proiezione per le elezioni amministrative”. Se l’intergruppo fosse pensato in questi termini “potrebbe rappresentare un forte elemento di instabilità per il Governo Draghi. E di certo, di instabilità non ne abbiamo bisogno”. Ne va della stabilità del Paese questa volta.

grillo draghi mattarella

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