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I mercati si fidano, l’Europa si fida e sì, anche gli italiani si fidano di Mario Draghi. C’è abbastanza fiducia intorno all’ex governatore della Bce diventato premier da far sembrare la scommessa del Recovery Plan come una vittoria quasi certa. Tra meno di due mesi l’Italia dovrà presentarsi al cospetto della Commissione Ue con in mano un documento credibile e meritevole di 209 miliardi di euro. In questo momento, non è pronta.

Ma Michele Bagella, economista del Gruppo dei 20 (del cui  manifesto per la ripresa e la crescita è co-autore), docente di economia politica a Tor Vergata dove è stato preside della Facoltà di Economia, vuole crederci.

Professore, Draghi in questi giorni ha imposto all’attenzione del governo e del parlamento un principio. Ad ogni investimento del Recovery Plan deve seguire una riforma strutturale. Lei è d’accordo?

Assolutamente sì, mi pare un binomio giusto e corretto. Avere una Pubblica amministrazione funzionante, così come una giustizia efficiente, mi pare la premessa per una buona riuscita dell’operazione. Investire è fondamentale ma lo è altrettanto creare un contesto favorevole e fluido per lo stesso investimento. Sono passaggi essenziali. E inoltre un gran bel segnale ai mercati e all’Europa e alle cancellerie nazionali che il governo Draghi farà quelle riforme che da troppo tempo mancano.

Il tempo a disposizione, però, non è molto. Servirà fare poche cose ma buone per rispettare la tabella di marcia. Da dove partiamo?

Se guardiamo a quanto detto da Draghi in parlamento, capiamo che c’è un problema di metodo. Non basta solo presentare il documento, bisogna poi anche fare delle verifiche su quanto fatto una volta scaduti i finanziamenti europei. Dunque, occorre un corretto ed equo mix di risposte di medio termine e lungo termine. La prima cosa da fare è pensare a investimenti che fungano da immediato moltiplicatore per il Pil. Penso agli investimenti nelle infrastrutture, che possano assicurare, anche oltre il 2026, anno di scadenza dei finanziamenti, la ripresa del Paese.

Bagella, Draghi ha finalmente fatto chiarezza sulla governance del Recovery Plan. Sarà interna al Mef. Scelta azzeccata? 

Certo che sì, per due ragioni essenzialmente. Primo, creare una nuova struttura richiede tempo e tempo qui ne abbiamo poco. Non ce lo possiamo permettere. Secondo, al Mef ci sono persone estremamente competenti, a cominciare dal ministro Daniele Franco, che la finanza pubblica la conosce meglio di chiunque altro.

Parliamo di tasse. Anche qui il governo ha dato la linea. Una riforma dell’Irpef, rivedendo gli scaglioni, ma mantenendo il principio della progressività…

Ad essere sinceri mi trovo d’accordo. Vede, questo approccio è un approccio pragmatico, che parte da una visione del Paese. Oggi serve ordine nella fiscalità italiana, su questo non ci piove. Il problema è che finora questa questione è sempre stata messa da parte, per un motivo o per l’altro. Adesso è tempo di agire e di capire come intervenire sul riassetto delle aliquote.

Bagella, le banche italiane, come quelle europee, stanno per imbattersi nella tempesta dei non performing loans, le sofferenze. Il nostro sistema del credito è pronto a tutto questo?

Io penso di sì, o almeno me lo auguro. Le banche hanno subito grossi colpi in passato, subirne altri potrebbe essere letale. Da questo punto di vista spero che il governo agevoli il recupero dei prestiti in sofferenza, proteggendo il sistema. Se noi oggi guardiamo al sistema bancario nel suo insieme, dobbiamo giocoforza immaginare un qualche modo per rientrare dei crediti, diminuendo lo stock di sofferenze.

Chiudiamo sui i mercati che da quando Draghi è premier, stanno premiando l’Italia. Lo spread scende e il nostro debito costa meno. E molti analisti dicono che il differenziale di rendimento potrebbe scendere anche a 50 o 60 punti base: è il whatever it takes all’italiana?

Draghi ha trasmesso fiducia, un po’ a tutti, non solo ai mercati. Questa è per noi una grande opportunità, perché per la prima volta abbiamo l’occasione di far pagare meno il credito all’economia reale, grazie alla diminuzione dei tassi sul debito. In questo modo, tornare alla competitività è possibile e anche probabile. Non facciamoci scappare una simile occasione e una simile quantità di fiducia.

 

 

Riforme e governance in mano al Tesoro. Il Recovery Plan parta da qui. Parla Bagella

L’economista ed ex preside della Facoltà di Economia di Tor Vergata: bravo Draghi a trasmettere la sensazione che possiamo farcela, sia ai mercati sia all’Europa. Ora in due mesi dobbiamo scrivere un Recovery Plan a base di riforme e investimenti che creino crescita anche oltre il 2026. Lo spread? Credito e debito costano meno, sfruttiamo il momento

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