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Si guardavano da una parte all’altra dei banchi del Consiglio comunale. Dove tutto è iniziato, a Ferrara. Per capire la storia di Patrizio Bianchi, designato dal premier Mario Draghi a guida del dicastero dell’Istruzione, occorre fare un salto negli anni ’90. “Non è un tecnico – dice Alberto Balboni, senatore ferrarese di Fratelli d’Italia – Bianchi ha una storia precisa alle spalle che inizia con la sua elezione, tra le file del Pci, al Consiglio Comunale estense, a sostegno del sindaco Roberto Soffritti. Era il 1990.

Nel 1995, è stato rieletto nel Pds, sempre in consiglio comunale. Nel 2000, poi, è andato a fare l’assessore in Regione. Insomma è un uomo di sistema”. Eppure Bianchi, oggi sessantottenne, viene ricordato, più che altro, per la sua carriera accademica. Iniziata con una lode alla facoltà di Scienze Politiche a Bologna. La sua formazione risente senza dubbio di un padre nobile della sinistra italiana: Romano Prodi. Il testimone e l’influsso di Prodi sulla carriera di Bianchi sono stati indispensabili. Pare infatti che, anche in questo frangente, sia stato un suo grande supporter.

Un legame per alcuni mal digerito. Dal 2004 al 2010 l’attuale ministro ricoprì l’incarico di rettore dell’Ateneo estense. Proprio a un evento accademico, quando ministro dell’Istruzione era Fabio Mussi, un gruppo di rappresentanti di Azione Universitaria (gli eredi del Fuan), gli consegnarono personalmente una mortadella. L’episodio riecheggia ancora tra le aule di Unife. Tuttavia anche un uomo che parte da prospettive differenti e che gli è succeduto alla carica di rettore, Giorgio Zauli, ha manifestato la sua soddisfazione per avere come ministro Patrizio Bianchi. Per la nomina a ministro dell’Istruzione, sicuramente hanno concorso tanti aspetti della carriera e della vita di Bianchi.

Specie, come dice lui stesso in un’intervista a Stefano Lolli sul Quotidiano Nazionale, “l’esperienza maturata nell’ambito dell’incarico da assessore in regione”. Correva l’anno 2010. Solo due anni più tardi Bianchi si è trovato a dover gestire un’emergenza senza precedenti: il sisma. Una regione in macerie da ricostruire, una speranza da dare e una avvenire incerto.

“Ci siamo ritrovati con centinaia di scuole a pezzi – spiega Bianchi sul Qn – gli studenti da riportare tutti in aula al più presto, e un sistema da far ripartire: nell’obbligo di ricostruire ho imparato tanto, a iniziare dall’esigenza di essere pragmatici nelle scelte, ma anche di non limitarsi a rimettere in asse i muri e le porte, ma di guardare avanti. Siamo partiti dai calcinacci e ora ragioniamo anche di Big Data”. L’esigenza di riportare gli studenti in classe. Pare essere questo l’intendimento del neo ministro. Probabilmente perché lui per primo, da sempre a contatto con gli studenti, si è reso conto che l’elemento sostanziale per la ripartenza di un “bene comune” è “l’ascolto”.

Di tutti. A partire dal grido di famiglie e ragazzi. Un pizzico di ironia della sorte gioca sempre un ruolo fondamentale. Patrizio Bianchi infatti fece parte, a pandemia furoreggiante, del team chiamati dall’ex ministro Lucia Azzolina a immaginare la ripartenza della scuola dopo il lockdown. Chi avrebbe immaginato di vederlo subentrare proprio al ministro? Possiamo dire, senza timore di smentita, che Bianchi ha un altro passo. Dettato probabilmente anche dalla sua formazione di economista (ricordiamo, infatti, che l’attuale ministro fu anche titolare di docente in materia economica a Ferrara, Trento e Bologna.

Oltre ad aver perfezionato i suoi studi alla London School of Economics). Uno dei primissimi cambi di prospettiva che l’ex rettore ha fornito all’indomani della sua nomina è la visione della suola “non solo come un problema per gli addetti ai lavori”, bensì come “elemento di sviluppo economico del Paese”. Insomma un settore nel quale “fare investimenti strutturali”.  Piccolo aneddoto. Il nastro va riavvolto. Il calendario segnava 1976. Bianchi vinse una borsa di studio a Trento. Divenne assistente di un giovane professore, che poi sarebbe stato scelto per guidare la Bce. E ora è l’inquilino di Palazzo Chigi.

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