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Il patrimonio del futuro sono i dati. Ora c’è la conferma del mercato che, come sempre, è sovrano nel determinare i grandi cambiamenti globali. Il commissario Consob, Paolo Ciocca, lo aveva annunciato un paio di settimane fa, davanti ai banchieri dell’Abi. E ora arrivano una serie di segnali che vanno proprio in questa direzione: un innalzamento della soglia tecnologica di grandi aziende globali direttamente proporzionale al fatto che più tecnologia si ha in pancia più occorre tutelare i propri dati sensibili. Un po’ la sfida lanciata dalle Big Tech al sistema bancario tradizionale, costretto ad aumentare il proprio quoziente tech ma anche i propri standard di sicurezza.

LE NOZZE TRA S&P E MARKIT

Il primo segnale è un vero e proprio deal, di quelli grossi. Ovvero un matrimonio tra giganti nel mondo dell’informazione, dei dati e dell’analisi economica e finanziaria. Standard&Poor’s e Ihs Markit hanno raggiunto infatti un accordo per fondersi in un’operazione strutturata con uno scambio azionario che attribuisce a Markit un enterprise value (valore d’impresa) di 44 miliardi di dollari, inclusi 4,8 miliardi di debito netto. Le società in questione sono da una parte il leader globale nel mercato dei rating sui debiti, nell’analisi dei mercati, nota anche per stilare gli indici dei mercati finanziari globali, dall’altra un gruppo che vende analisi e misurazioni economiche, è famosa in modo particolare per stilare gli indici Pmi di tutto il mondo.

L’intesa, che dovrebbe chiudersi nel secondo semestre dell’anno prossimo, è la più grande annunciata quest’anno, superando in valore l’acquisto da parte di Nippon Telegraph and Telephone di una delle sussidiarie, di un valore di 40 miliardi e l’acquisto, anch’esso per un valore di 40 miliardi, della britannica Arm da parte di Nvidia. Non è tutto. Le due società hanno reso noto che la fusione si tradurrà in un taglio dei costi annuali, su base combinata, di 480 milioni circa.

NEL NOME DEI DATI

Il senso recondito dell’accordo è comunque sempre e solo legato all’importanza dei dati e alla necessità di proteggerli. Lo stesso deal infatti conferma l’importanza e il valore crescente delle società che forniscono dati finanziari ai mercati globali. Un segmento nel quale figurano colossi del calibro di Bloomberg, FactSet e Refinitiv.

Non è un mistero che Markit, costituita nel 2016 dalla fusione di due attori minori, detenga milioni di dati sensibili nei mercati finanziari. Al punto di possedere un software che le grandi banche di Wall Street utilizzano per sottoscrivere offerte di azioni e obbligazioni societarie. In aggiunta, Markit detiene numerosi dati legati al mondo dei trasporti e dell’energia.

EURONEXT IN STAN BY (CAUSA DATI)

Ci sono sempre i dati in mezzo a un’altra vicenda industriale, ben nota da tempo. L’acquisto di Borsa Italiana, rimessa sul mercato dal London Stock Exchange in seguito alla decisione di acquistare a sua volta la banca dati Refinitiv, da parte del consorzio pan-europeo Euronext in cordata con Cassa Depositi e Prestiti e Intesa SanPaolo. Ebbene, che succede?

Lse sta organizzando dalla scorsa estate l’acquisizione di Refinitiv, l’imponente banca dati da 27 miliardi di dollari in mano a Blackstone per il 55% e a Thomson Reuters per il 45%. Ora, per superare i rischi di concentrazione Antitrust e ottenere il via libera all’operazione, Londra ha venduto Borsa spa e le sue controllate per 4,325 miliardi di euro a Euronext-Cdp Londra attendeva un via libera da Bruxelles il 16 dicembre, ma l’Ue ha bloccato di nuovo l’operazione e l’ha rinviata al 21 gennaio, essendo emersi nel frattempo malumori in capo ad alcuni importanti operatori sulla posizione dominante di Lse e Refinitiv una volta aggregate nel settore dei dati, alla base di tutto il sistema finanziario. Qualcuno, insomma, teme uno strapotere del Lse proprio sulla gestione dei dati finanziari.

Al punto che, secondo Bloomberg ha riportato che almeno due concorrenti si sono rivolti ai regolatori europei per spiegare come la decisione non sia sufficiente a limitare l’influenza del gruppo inglese. D’altro canto, il diretto concorrente di Refinitiv è proprio Bloomberg, un gigante dell’informazione che ha registrato 10 miliardi di dollari di ricavi nel 2019.

IL RICHIAMO DEL FINTECH

Ancora digitale, ancora tech. Secondo il Financial Times, Ian Rogers, chief digital officer di Lvmh, il maggiore gruppo della moda e del lusso al mondo, avrebbe lasciato l’azienda per unirsi a una start-up francese, Ledger, leader mondiale nella creazione di portafogli digitali basati su hardware per contenere criptovalute come bitcoin.

La stessa maison aveva  ha reclutato Rogers nel 2015  da Apple. Ora, la sua missione come chief experience officer di Ledger sarà quella di espandere la sua attività di consumo e contribuire a portare la proprietà delle criptovalute alle masse rispetto all’attività relativamente di nicchia che rimane oggi. “Quando guardo la criptovaluta, la privacy e la sicurezza, ho una sensazione simile a quella della musica nei primi anni 2000 all’inizio dell’era dello streaming”, aveva detto Rogers in un’intervista. “C’è un inevitabile cambiamento in arrivo, ma è proprio l’inizio, quindi non tutto sarà facilmente prevedibile. . . ma questi sono mercati in rapida crescita, quindi è lì che mi piace essere”. C’è da crederci.

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