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Mettiamo avanti le mani: non solo è abominevole la campagna elettorale fatta con le sciabolate giudiziarie e non con il confronto tra le proposte in campo, ma è fuori dalla civiltà politica- equivale più o meno al lavoro sporco fatto dagli hacker nella Rete per influenzare il voto del popolo credulo e basito – la comparsa negli ultimissimi giorni prima del voto di cronache giudiziarie che hanno a che fare con gli attori in gioco. Dunque il caso “commercialisti di Salvini” non è fuori da questo schema anomalo. Ma domandiamoci che cosa c’è che non sia più “barbarico” nella lotta politica italiana? E domandiamoci anche se in questa invasione barbarica non abbia per caso messo qualcosa di suo lo stesso Salvini, spaccando il mondo tra due metà ostili (amici vs/nemici) e concorrendo a portare i toni del conflitto fuori dagli argini della civiltà politica.

Beninteso: non da solo, perché ormai è dal tempo lontano della seconda Repubblica che la politica ha interpretato il maggioritario come uno schierarsi di bande nemiche assetate del sangue avversario, ma anche quando il maggioritario all’italiana era ormai defunto, è sopravvissuto, nella narrazione politica superficiale e un po’ farlocca, solo lo schema della demonizzazione dell’avversario. Pardon, del nemico. Salvini, allora, ci ha messo parecchio di suo e i risultati da primo partito italiano, di una Lega che fino all’avvento di Salvini arrancava attorno a una cifra sola e pure magra, gli hanno dato ragione dal punto di vista delle quantità di consenso confluite sui suoi simboli.

E qui, forse, potremmo raccontarci una prima folgorante verità: la politica che rincorre l’umore e non la consapevolezza del cittadino, la politica affidata ai gesti e alla prossemica teatrale del capo, la politica “istantanea” dura l’espace d’un matin. È tutta estrogeni, non sostanza, e si squaglia con lo squagliarsi del Cesare di turno.

Ora Salvini ha saputo dimostrare , dal 2014 – anno della sua salita alla segreteria – ad oggi, una capacità di tenuta fortissima, cavalcando tutti i temi dell’antagonismo graditi ad un pubblico di bocca buona. Ma per reggere ha dovuto far salire di parecchi decibel ogni giorno l’urlo di guerra cercando un nemico in ogni dove. È persino riuscito a coprire la voce dei Cinque Stelle che dell’antagonismo pop hanno fatto il loro marchio distintivo, ripiegando in seguito su uno standing più istituzionale.

Adesso l’arresto dei “commercialisti” rischia di rimettere in pista tutto il sopito o semi dormiente: Russiangate, dirigenti della Lega implicati in varie inchieste giudiziarie, l’antica storia dei 49 milioni, il comportamento disinvolto dei molti che hanno usato il bottoncino di Alberto da Giussano per fare carriere locali tirando il simbolo della Lega dentro vicende da cronaca giudiziaria. Insomma, non è un grandissimo momento per Salvini.

Il popolo dei trasmigratori, politicanti che hanno ingrossato le fila della Lega e del suo leader proiettato alla vittoria, ci mette solo un amen a traslocare verso la Meloni. Anzi, sarebbe interessante vedere quanto il fenomeno sia già attivo sul piano della dirigenza locale. Staremo a vedere.

Di certo c’è solo una cosa: se un partito dilata velocemente i suoi consensi con gli anabolizzanti, poi rischia di spomparsi con la stessa velocità. Quello che resta, alla fine, è sempre il nucleo duro e puro. Nel caso di specie il ridotto del Nord.

Phisikk du role - Salvini, l’orologeria della giustizia e quella della politica

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