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In questi mesi di emergenza Covid-19 stiamo comprendendo a fondo l’importanza del sistema salute nel contribuire al benessere delle persone e, di conseguenza, all’economia del paese nel suo complesso. La salute è sempre di più un tema su cui misurarsi, in Italia e a livello globale, e continua a crescere di rilevanza nelle agende delle istituzioni, delle organizzazioni finanziarie e dei cittadini.

È più che mai necessario ridisegnare le politiche sanitarie per avere un sistema salute in grado di affrontare sia le sfide ordinarie che quelle straordinarie con organizzazione e competenze che in passato abbiamo sottovalutato, focalizzandoci sul breve termine e su convenienze particolari.

Purtroppo, questa è una “dinamica umana” frequente in molti settori (si pensi alla ricerca, alle infrastrutture, alle tecnologie, alla gestione del territorio) dove si tendono a privilegiare interventi di breve termine rispetto ad investimenti che richiedono visione, determinazione e lungimiranza nelle scelte. Nel campo della salute, in questi mesi abbiamo iniziato a comprendere che questo comportamento “miope” può essere particolarmente grave.

Ci stiamo rendendo conto dell’importanza della ricerca e delle competenze, della digitalizzazione, dell’operatività delle organizzazioni, della gestione strutturata delle informazioni, dell’integrazione della medicina del territorio con quella ospedaliera, della chiarezza nella “catena di comando” delle decisioni e di molti altri aspetti che hanno mostrato le loro inefficienze non appena messi sotto pressione da un evento inatteso come quello dell’emergenza Covid-19.

In particolare, abbiamo compreso quanto sia fondamentale un sistema di ricerca scientifica che integri nel modo più ampio ed efficiente possibile le conoscenze disponibili, senza distinzione di nazionalità, di pubblico e privato, di profit e no-profit in nome di un interesse alto e condiviso da tutti.

Fortunatamente possiamo dire che, in occasione del Covid-19, siamo riusciti a raggiungere questo obiettivo ottenendo, in tempi in passato impensabili, un ampio numero di vaccini che nei prossimi mesi ci auguriamo consentano un graduale ritorno alla normalità di tutto il nostro pianeta.

Un ruolo decisivo nel raggiungimento di questo obiettivo lo ha ovviamente avuto l’industria farmaceutica che ha messo a disposizione dell’interesse comune le proprie competenze e le proprie organizzazioni, senza le quali oggi saremmo molto più lontani dal traguardo del fine emergenza.

È un ruolo fondamentale che non riesce ad essere sufficientemente e pubblicamente riconosciuto a causa di una percezione del suo valore che risente di retaggi del passato, anche ideologici, e che non riflette l’effettivo contributo che l’Industria Farmaceutica offre alla collettività. La salute pubblica, la salute individuale e l’industria farmaceutica sono elementi tra loro interconnessi, e senza alcun dubbio le aziende farmaceutiche svolgono un ruolo attivo e responsabile.

E questo è, a mio parere, un punto su cui riflettere. Se anche in un momento in cui è così evidente l’importanza ed il valore dell’Industria Farmaceutica, non si riesce a riconoscerne il ruolo, come potremo comprendere ciò che è necessario realizzare per farla diventare un asset fondamentale sia per la salute che per l’economia e la competitività del nostro Paese? Come si potrà mettere a punto una nuova governance, una nuova teoria del valore, nel quale anche la profittabilità trova spazio quale obiettivo non avulso dal benessere dell’intera collettività?

Ci troviamo al cospetto di una doppia sfida sia sul fronte della salute che della ripresa economica. Gli sforzi senza eguali imposti dall’emergenza sanitaria possono contribuire a far comprendere la funzione del comparto farmaceutico: il suo apporto ai progressi in campo della salute – non solo attraverso la ricerca e lo sviluppo di vaccini e terapie efficaci per contrastare il Covid-19 – ma anche come settore chiave per la ripresa economica.
Fin dalle prime fasi dell’emergenza, AbbVie si è impegnata, sia in Europa che a livello globale, ad affrontare la crisi indotta dal Covid-19.

Attualmente siamo coinvolti su più fronti, attraverso partnership che vedono come attori comprimari centri di ricerca, università, istituzioni sanitarie e altre imprese. Negli scorsi mesi abbiamo siglato una collaborazione con Harbour BioMed, Utrecht university ed Erasmus medical center per lo sviluppo di una terapia anticorpale per la prevenzione e il trattamento dell’infezione da Covid-19. Con l’università di Harvard stiamo conducendo invece un progetto di ricerca da 30 milioni di dollari teso a sviluppare nuove terapie contro le infezioni virali emergenti, con focus specifico su quelle indotte da coronavirus.

Le diverse intese non solo ci permettono di operare rapidamente, in un frangente che impone celerità d’intervento, ma consentono di condividere gli sforzi, le idee e le risorse più opportune per rispondere ai bisogni di cura ancora non soddisfatti.

In questi mesi ho registrato qualche timido segnale di maggiore attenzione rispetto al valore del nostro settore ma purtroppo ancora isolato in un contesto di pregiudizio diffuso e di perseguimenti di interessi di parte, individualmente comprensibili ma incoerenti con l’interesse collettivo.

Mi auguro che tra gli insegnamenti che potremo trarre dall’esperienza dell’emergenza da Covid-19 ci sia anche la necessità di evitare, per timore o convenienza, il mantenimento ad oltranza dello status quo e di muoversi più rapidamente verso il futuro. Non solo la direzione deve essere quella giusta ma anche i tempi devono esserlo, arrivare ma arrivare in ritardo normalmente porta pochi benefici.

Una riflessione sull’industria farmaceutica durante l’emergenza. Scrive Greco (AbbVie)

Di Fabrizio Greco

Il Covid-19 ha messo in luce l’importanza ed il valore della ricerca scientifica e dell’industria farmaceutica la quale ha messo a disposizione dell’interesse comune le proprie competenze e le proprie organizzazioni, senza le quali oggi il vaccino non sarebbe disponibile. Tuttavia, il valore del settore non è ancora pienamente riconosciuto. Il commento di Fabrizio Greco, amministratore delegato di AbbVie Italia

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