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“Non rinegozieremo un accordo che è già stato negoziato”, perché l’accordo sul nucleare “è stato frutto di due anni di negoziazioni, e non sarà mai più rinegoziato, punto”. È stato molto netto il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, dialogando ai Med Dialogues 2020 con Paolo Magri, vicepresidente esecutivo dell’Ispi e con Ellie Geranmayeh, vice-direttore del programma Mena dell’Ecfr.

L’ACCORDO NUCLEARE

Gli Stati Uniti, ha detto, “si sono ritirati” dall’accordo Jcpoa “e hanno imposto sanzioni pesanti dichiarando una guerra economica contro l’Iran, che è un crimine contro l’umanità perché colpisce tutti i cittadini”. E il capo della diplomazia di Teheran non ha risparmiato l’Europa dalle critiche: “Gli europei non sono stati in grado di fare la propria parte dell’accordo. E non possono dire il contrario perché non vediamo compagnie europee in Iran, nessun Paese europeo compra il petrolio iraniano, persino le banche si rifiutano di trasferire soldi in Iran”. Dito puntato, però, soprattutto contro Israele (più volte definito “terrorista” come prevede la retorica iraniana) e contro l’amministrazione di Donald Trump, definita “un regime canaglia”: “Se il presidente Joe Biden vuole continuare a essere un regime canaglia, potrà continuare a chiedere negoziati, ma gli Stati Uniti non sono nella posizione di dettare condizioni. Gli Stati Uniti devono smettere di violare le leggi internazionali”, ha tuonato Zarif. Il tutto a poche ore di distanza dall’intervista al New York Times in cui il presidente-eletto degli Stati Uniti aveva spiegato che “se l’Iran tornasse a rispettare rigorosamente l’accordo nucleare, gli Stati Uniti si unirebbero all’accordo come punto di partenza per i negoziati successivi”. Ma Biden aveva detto che anche dopo i recenti sviluppi “sarà difficile”. E le richieste di Zarif sul Jcpoa (che nessuno a Washington ormai considera ancora valido) non sembrano affatto mettere la strada in discesa.

L’ASSASSINIO DELLO SCIENZIATO

Zarif ha anche riferito che l’Iran sta “ancora aspettando” una condanna internazionale del generale e scienziato iraniano Mohsen Fakhrizadeh, ucciso venerdì scorso da agenti israeliani, secondo Teheran. “Aspettiamo ancora la condannata dell’Europa e dell’E3 (Germania, Regno Unito e Francia) di questo chiaro attacco terroristico”, ha detto il ministro degli Esteri iraniano probabilmente ignorando la nota con cui sabato scorso un portavoce dell’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, Josep Borrell, aveva definito l’assassinio mirato come “un atto criminale, e contraddice il principio del rispetto per i diritti umani che l’Unione europea sostiene”.

LO SCAMBIO DI PRIGIONIERI

Il ministro degli Esteri iraniano ha anche parlato di prigionieri rispondendo a una domanda circa lo scambio tra Iran e Thailandia che ha portato alla liberazione di Kylie Moore-Gilbert, una professoressa che insegnava studi islamici all’università di Melbourne e nel 2018 era stata arrestata all’aeroporto di Teheran con l’accusa di essere una spia di Israele. “Siamo pronti allo scambio di prigionieri, lo possiamo fare da domani, lo possiamo fare oggi”, ha detto Zarif. “Ci sono tanti iraniani detenuti ingiustamente in Europa, negli Usa e in Africa. È nostro interesse che queste persone tornino dalle loro famiglie”, ha aggiunto.

I RISCHI DIETRO QUELL’OFFERTA

Ma, come ha spiegato l’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata all’Adnkronos, il tempismo non è casuale, visto che Teheran ha sospeso l’esecuzione di Ahmadreza Djalali, il ricercatore iraniano-svedese che ha condannato a morte per “spionaggio”. Secondo l’ambasciatore questa mossa e le parole di Zarif potrebbero essere collegate al processo in corso ad Anversa che vede il “diplomatico-terrorista” iraniano Assadollah Assadi imputato per l’attentato fallito nel 2018 a Villepinte, alle porte di Parigi, in occasione di una conferenza della Resistenza iraniana alla quale partecipava lo stesso Terzi. Non sono coincidenze, ha spiegato Terzi sottolineando come “tutte le prove” collegano l’uomo “direttamente ai vertici del regime”. “C’è il fondatissimo dubbio che questa sia un’occasione d’oro per Zarif per spuntare uno scambio tra Djalali e Assadi. “Ovviamente sarebbe un successo del regime straordinario: è una tattica chiarissima”. Con l’intervento di Zarif al Med, secondo Terzi è evidente “che c’è un’azione in corso”. Ci sono in ballo, ha concluso, “la vita di un innocente, Djalali, che è stato catturato, kidnappato, sequestrato da iraniani e la mostruosità di lasciar andare libero un diplomatico-terrorista, Assadi, che stava compiendo il più grande attentato terroristico avvenuto su suolo europeo nel dopoguerra”.

L’Iran propone uno scambio di prigionieri. Ecco cosa c’è dietro

Intervenendo al Med2020 il ministro degli Esteri iraniano Zarif apre alla possibilità di scambi di prigionieri. Secondo l’ex ministro Terzi dietro si cela il tentativo di salvare il diplomatico accusato di aver pianificato il fallito attentato di Parigi nel 2018. Un processo che tocca i vertici del regime

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