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Ci sono i debiti che lo Stato ha verso i cittadini. Ci sono i crediti che lo Stato ha con i cittadini. Nel bilancio dello Stato ci sono crediti verso i cittadini per 954,7 miliardi di euro (fine 2019), quasi un trilione (erano 870 a fine 2018). Quasi 5 volte il Recovery Fund, e 25 volte il Mes. Ma lo Stato non è in grado di recuperarli tutti. Più di 300 miliardi sono in realtà inesigibili perché riferiti ad aziende fallite o chiuse (153,1 miliardi), o cittadini deceduti (118,9) o comunque irreperibili, 109 miliardi da nullatenenti. 410 miliardi sono parte di azioni di recupero in corso ma mai finalizzate integralmente. Sono oltre 17 milioni gli italiani che hanno un debito con lo Stato, per la maggior parte di questi non supera i 1.000 euro.

I crediti in bilancio nella misura in cui non saranno mai recuperati divengono perdite. Lo Stato sta facendo esattamente quello che hanno fatto, e forse fanno ancora, le banche con i loro crediti tossici. Se dovessimo riconoscere ufficialmente che il credito si trasforma in un costo saremmo immediatamente uno Stato fallito.

Esistono però le scappatoie finanziarie. Così possiamo nascondere le briciole sotto il tappeto sperando di ingannare i mercati e gli investitori, che a loro volta fingono di fidarsi, ma soprattutto noi stessi che invece crediamo nella bontà di quello che il bilancio dello Stato presenta.

Qui dovrebbe intervenire la politica. Non per rimandare ma per risolvere il problema nel modo più trasparente verso i cittadini, cioè evitare di imbrogliarli anche a fin di bene, e più efficiente possibile, cioè recuperare quanto prima i crediti possibili e trovare il modo di assorbire i crediti inesigibili, che sono poi perdite prive di coperture.

La pace fiscale proposta in vari momenti da partiti e governi va inserita in questo contesto quale risposta a questa pesante anomalia del bilancio pubblico: i crediti vanno recuperati per quanto possibile, altrimenti sono perdite. È inutile prendersi in giro. È inutile vivacchiare fingendo che prima o poi improvvisamente ci piovano dal cielo. I diversi schemi ipotizzati dal governo per cercare di recuperare quanto più possibile ci confondono. Devono però essere interpretati come il tentativo di raggiungere il risultato migliore, cioè:
(i) recuperare il più possibile;
(ii) non gravare eccessivamente su chi non è ancora riuscito a saldare il proprio debito dichiarato con lo Stato per difficoltà finanziarie ed economiche;
(iii) non beneficiare chi ha invece maturato un debito per irresponsabilità nei confronti dello Stato e dei suoi concittadini (furbizia evasiva).

Questa operazione di pulizia finanziaria deve essere spalmata nel tempo in modo da ridurre per quanto possibile il credito in pancia, eliminare il credito inesigibile e cioè le perdite, fino a mantenere un credito fisiologico, cioè sostenibile perché recuperabile.

Evidentemente non è possibile iniziare questa operazione di riassetto finanziario proprio adesso, in cui i cittadini faticano.
Il problema va però affrontato. Posticiparlo rischia solo di illuderci e di lasciare le prossime generazioni con le gambe per aria.
Poi naturalmente, ci sono i privilegiati, cioè quei soggetti che per ragioni diverse, godono di incentivi e agevolazioni di ogni genere (multinazionali del web e del tabacco riscaldato, per esempio), eppure segnano profitti stellari. Forse si dovrebbe cominciare da qui, non sarebbe un innalzamento delle tasse, ma una misura di equità e di tutela delle libertà di iniziativa.

Come recuperare i crediti (quasi un trilione) dello Stato. L'opinione di Paganini

Ci sono i debiti che lo Stato ha verso i cittadini. Ci sono i crediti che lo Stato ha con i cittadini. Nel bilancio dello Stato ci sono crediti verso i cittadini per 954,7 miliardi di euro (fine 2019), quasi un trilione (erano 870 a fine 2018). Quasi 5 volte il Recovery Fund, e 25 volte il Mes. Ma lo Stato…

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