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C’è tensione tra Cina e India. Nuova Delhi ha dislocato truppe con missili antiaerei nel Ladakh orientale, proprio nella zona di confine contesa con Pechino. I militari mobilitati (che sarebbero più di 30.000) sono in possesso di sistemi missilistici Igla, inviati ad alcune alture strategiche per controllare eventuali violazioni dello spazio aereo.

Secondo l’agenzia Nova, Asian News International ha riferito che la difesa indiana sta intensificando il monitoraggio con i radar, in particolare per rilevare le attività degli elicotteri cinesi. Il generale Bipin Rawat, capo di Stato maggiore della Difesa indiana, ha spiegato che “le forze armate restano sempre pronte per le azioni militari nel caso in cui tutti gli sforzi per ripristinare lo status quo lungo la Lac non dessero risultati”. Ma i media di Cina e India avevano già anticipato l’invio nelle basi vicine ai confini di aerei caccia più avanzati, nel caso indiano i Rafale e nel caso cinese i J-20.

I tentativi di negoziazione sono stati tanti. A giugno, il ministro degli Esteri indiano, Subrahmanyam Jaishankar, e il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, hanno sostenuto un colloquio telefonico per porre fine alle provocazioni nella frontiera, ma nessuno voleva cedere. Per Wang, le truppe indiane hanno violato sfacciatamente le intese raggiunte dai leader dei due paesi, mentre Jaishankar crede che “la parte cinese ha cercato di erigere una struttura nella Valle del Galwan sul nostro lato della Lac”.

Gli ultimi colloqui militari si sono svolti ad agosto, quando – secondo la stampa indiana – il governo di Modi ha insistito sulla richiesta di un completo disimpegno dalle rive del lago Pangong, dall’area di Gogra e dalle pianure di Depsang, ovvero il ritorno allo status quo di aprile, prima delle prime frizioni. Il 20 agosto c’è stato un nuovo incontro del Meccanismo operativo di consultazione e coordinamento India-Cina sugli affari di confine, in cui è stato “concordato di risolvere le questioni in sospeso in modo rapido e in conformità con gli accordi e i protocolli esistenti, per il ripristino della pace e della tranquillità al confine, essenziale per lo sviluppo complessivo delle relazioni bilaterali”.

L’ultimo scontro ha interrotto sei anni di sforzi diplomatici in cui il presidente Xi Jinping e il premier indiano Narendra Modi si sono visti 18 volte. Per Nuova Delhi l’impegno era orientato, non solo alla risoluzione delle tensioni nella frontiera, ma soprattutto alla gestione delle tensioni commerciali, per salvare gli investimenti e i rapporti economici tra i due Paesi. Tuttavia, dalle ultime azioni militari è stata sollevata una minaccia economica e geopolitica da parte di Pechino.

A complicare ancora di più la situazione è il fatto che Huawei è stata esclusa dal mercato indiano. La società cinese è impegnata in una corsa contro il tempo per completare le forniture prima che il 14 settembre entrino in vigore le sanzioni americane, ma essere rimasta fuori dalle reti in India ha creato importanti vuoti nel fatturato.

Da quanto si legge sull’agenzia AdnKronos, la limitazione contro Huawei non è stata annunciata formalmente dalle autorità di Nuova Delhi, ma è stato confermata da fonti vicine al governo, e “si inserisce nelle crescenti tensioni sulla questione irrisolta dei confini fra i due colossi asiatici , ma rischia di assestare un duro colpo per Huawei in uno dei suoi mercati più importanti”.

A “salvare” Huawei potrebbe essere la Russia, come riferito dal ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che ha aperto la possibilità di una maggiore cooperazione per il 5G.

Movimenti militari e dossier Huawei. Che succede al confine fra India e Cina?

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