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Una riflessione seria sulle prospettive del multilateralismo non può che prendere le mosse dal riconoscimento che quello che è stato definito l’ordine mondiale liberale è entrato in una profonda crisi all’origine della quale non vi è l’aggressione di forze esterne, come si pensa in una parte dell’occidente, ma, a mio giudizio, proprio il venire meno dei presupposti ideologici che hanno reso forte il modello liberale fondato sull’economia di mercato e la liberaldemocrazia.

Se non vogliamo limitarci a un’esercitazione astratta e a descrivere il mondo ideale che vorremmo, bisogna partire dai processi politici reali per cercare di vedere su quali elementi si può fare leva per costruire le condizioni di un mondo più cooperativo in grado di garantire efficacemente la pace e uno sviluppo più armonioso. Noi europei dobbiamo riconoscere che oggi l’occidente non appare in grado di garantire quel ruolo di pilastro dell’ordine mondiale che ha svolto negli ultimi secoli e che un nuovo quadro di governance multilaterale può nascere solo nel dialogo paritario con i grandi soggetti che emergono o ritornano protagonisti sulla scena mondiale. Lungo la via tra oriente e occidente, una prima sfida è quella di ricostruire una relazione equilibrata con la Russia. Anche chi non apprezza il nazionalismo assertivo di Putin non può tuttavia nascondersi che quel Paese è un partner ineludibile per disinnescare i conflitti in corso, a cominciare da quelli in Medio Oriente, e per definire un nuovo quadro in grado di rimettere in moto il disarmo nucleare e di promuovere distensione e cooperazione, in particolare in Europa.

Guardando a oriente, è evidente che la nostra attenzione debba andare in modo particolare al ruolo della Cina, che si avvia ad essere la più grande potenza economica del mondo ed è oggi il Paese che manifesta nel modo più evidente l’ambizione di imprimere un proprio segno allo sviluppo globale. Il grande progetto della Nuova via della Seta non è soltanto un progetto di interconnessione fisica fra oriente e occidente, ma un programma di cooperazione politica, culturale ed economica, e quindi anche di espansione dell’influenza e della potenza cinese. Una prospettiva comunque basata su una visione cooperativa della globalizzazione. A questa spinta ottimistica verso il futuro una parte del mondo occidentale reagisce con paura e incertezza.

Il maggior Paese dell’occidente, gli Stati Uniti d’America, si presenta oggi al mondo con un messaggio che dice America first; un messaggio certamente legittimo ma, mi pare, scarsamente attrattivo per il resto del mondo. A differenza di un paio di decenni fa, quando era evidente che la leadership mondiale era esercitata dagli Stati Uniti e la politica americana si faceva carico della sicurezza globale, sosteneva in modo credibile l’espansione dei diritti umani, promuoveva uno straordinario processo di innovazione scientifica ed economica, oggi, purtroppo, le maggiori potenze occidentali sembrano ripiegate su se stesse. Il mondo occidentale appare privo di una leadership e diviso da un crescente contrasto di interessi e di visioni politiche. Eppure ritengo che la stessa leadership cinese sia consapevole che senza un dialogo e un’intesa con l’occidente non sia possibile costruire un assetto mondiale sostenibile ed efficace. Ciò vale non soltanto sul piano economico e politico ma anche, e direi essenzialmente, sul piano culturale.

È tempo che gli Stati Uniti e l’Europa riprendano a esercitare una capacità forte di innovazione e tornino ad assumere pienamente la responsabilità globale che compete al nostro mondo. Ciò richiede una leadership nuova in grado di affrontare il grande problema irrisolto della storia occidentale degli ultimi trent’anni. Si tratta di ristabilire un primato della politica democratica, e cioè di quella politica capace di riformare il capitalismo e di vincolarne la crescita alla necessità di preservare l’ambiente naturale e a quella di garantire un ragionevole grado di coesione sociale. Spetta a noi dimostrare che il necessario primato della politica può realizzarsi meglio nella democrazia piuttosto che, come sembrerebbe nel mondo di oggi, grazie alla forza di regimi autoritari.

La mia convinzione è dunque che lungo l’asse del dialogo tra oriente e occidente potrà essere costruito un ordine mondiale nuovo in grado di garantire in modo inclusivo gli interessi di tutti i paesi grandi e piccoli e dei popoli diversi che vivono sul pianeta. Ritengo, in definitiva, che nella costruzione di una risposta efficace al disordine del mondo siano oggi fondamentali il dialogo e la collaborazione tra Cina e occidente. Un dialogo che deve essere consapevole che il multilateralismo da ricostruire dovrà garantire un insieme di diversità, culture e interessi, nel quale nessuna potenza potrà pensare di imporre la propria egemonia. È questa la condizione per affrontare in modo coordinato, cooperativo e proficuo le grandi sfide che abbiamo di fronte.

Grande è la confusione sotto il cielo

Tra Cina e Occidente è tempo di dialogo. La versione di Massimo D'Alema

Una riflessione seria sulle prospettive del multilateralismo non può che prendere le mosse dal riconoscimento che quello che è stato definito l’ordine mondiale liberale è entrato in una profonda crisi all’origine della quale non vi è l’aggressione di forze esterne, come si pensa in una parte dell’occidente, ma, a mio giudizio, proprio il venire meno dei presupposti ideologici che hanno…

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