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Alta tensione al Fatto Quotidiano. Il direttore Marco Travaglio ha un problema con un suo redattore speciale, Alessandro Di Battista. Che ricambia.

In un lungo post su Facebook l’ex parlamentare pasdaran del Movimento Cinque Stelle, oggi professione reporter per il Fatto, se la prende con Travaglio che continua a tifare per il partito del voto disgiunto alle regionali e nel suo ultimo editoriale ha vergato un’invettiva contro Dibba, reo di difendere la candidata M5S in Puglia Antonella Laricchia invece di fare campagna per il dem Michele Emiliano.

“Evidentemente il fatto che mi sia scagliato contro la logica di votare “turandosi il naso” l’ha fatto indispettire”, si sfoga il grillino. “Travaglio compie voli pindarici per lanciarmi addosso il suo J’accuse. Mi descrive un nostalgico dell’opposizione e sostiene che, fosse stato per me, il Movimento sarebbe ancora in piazza ad abbaiare alla luna”. Niente di vero, spiega Di Battista. Segue un lungo atto d’accusa tanto a Fitto quanto ad Emiliano, “campioni di politica clientelare”, circondati da “dinosauri della vecchia politica” e “personaggi oscuri ai più ma ben riconoscibili dai pugliesi informati”.

L’ex deputato difende la sua scelta di schierarsi con Laricchia. Lo ha fatto pubblicamente, con un comizio pubblico in piazza Diaz a Bari che ha segnato il suo vero ritorno in campo dopo mesi da reporter in Sud America, Iran, infine da barman in Abruzzo.

Uno show che ha seminato il panico fra le file del partito e indispettito non poco chi, al suo interno, fa di tutto per tenere insieme la maggioranza rossogialla. Di questa schiera è Travaglio, che da settimane invita gli elettori, come all’epoca con la Dc il suo maestro Indro Montanelli, a “turarsi il naso” lasciando al proprio destino i candidati del Movimento che non possono farcela.

Dopo aver elencato uno ad uno gli “impresentabili” e i poco presentabili della lista di Emiliano, ecco che Dibba sgancia un altro siluro.

Questa volta non al suo direttore, ma al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “Io conosco bene la logica di scegliere il meno peggio. Conosco bene le tentazioni che si nascondono dentro questa logica e ne conosco soprattutto le conseguenze. Scegliere il meno peggio (ammesso che vi sia) porta, lentamente ma inesorabilmente, alla distruzione della forza politica che avalla ragionamenti del genere”. Di qui lo scossone a Palazzo Chigi: “Se, dal 2013 al 2018, il Movimento 5 Stelle avesse ragionato con tale logica al governo non ci sarebbe arrivato mai e oggi Conte farebbe ancora l’avvocato, non il Presidente del Consiglio”.

Travaglio e il Fatto non sono “il Vangelo”, chiude Di Battista, che al direttore dedica un buffetto finale affettuoso, “è persona perbene e decine di volte sono stato d’accordo con lui”. Non si sa mai. Caso chiuso? In redazione, forse. Nel Movimento è tutta un’altra storia…

M5S, ALESSANDRO DI BATTISTA

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