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Vale 1,4 triliardi di dollari, cioè 10 triliardi di yuan, il piano del governo cinese per finanziare la corsa all’egemonia tecnologica contro gli Stati Uniti da qui al 2025.

La “New infrastructure initiative” è la risposta del presidente Xi Jinping alla Guerra Fredda tech americana. Dall’Intelligenza artificiale (Ia) alla rete 5G, il piano, parte della più ampia iniziativa “Made in China 2025”. Solo quest’anno, all’interno di un pacchetto di misure fiscali annunciato in apertura della tredicesima Conferenza consultiva del popolo a Pechino, saranno mobilitati 563 miliardi di dollari. Secondo la stampa governativa cinese 20 delle 31 province della “Mainland China” ha già annunciato piani infrastrutturali per un triliardo di yuan.

Sono anche questi i numeri della ripartenza di un Paese alle prese con la più grave crisi della sua storia dai tempi di Mao. Il nuovo piano tech di Xi è costruito e pensato per rilanciare (e sussidiare) i grandi campioni nazionali vessati dalla competizione con l’industria americana negli ultimi mesi. Alibaba, Gds Holdings, Quanta Computer, China Tower, Advantech, la lista dei primi beneficiari dell’ondata di investimenti e trasferimenti statali è lunga.

C’è anche Huawei, il colosso della telefonia mobile con base a Shenzen accusato di spionaggio dagli Usa e ora messo all’angolo dall’amministrazione Trump. La decisione del Dipartimento del Commercio di Wilbur Ross di vietare la vendita di prodotti con componenti americane a tutte le aziende estere, pena la comminazione di dure sanzioni, ha di fatto costretto da un giorno all’altro Huawei a cercare nuovi fornitori che non utilizzino tecnologia americana. Obiettivo non facile, e che comunque costerà centinaia di miliardi di dollari all’azienda di Ren Zhengfei.

L’agenzia di pianificazione statale Ndrc (National development and reform commission) ha illustrato le tappe del piano. Fra le “nuove infrastrutture” in cui il governo centrale investirà i 10 trilioni di yuan in cinque anni ci sono il 5G, l’internet industriale, il trasporto interno e quello metropolitano, i big data, l’Ia, le linee ad alta tensione, i veicoli a energia green. Su quest’ultimo fronte la Cina vuole assumere il timone a livello mondiale, con una transizione monstre dai combustibili fossili all’elettrico. “Non c’è dubbio che la Cina abbia già assunto la guida” ha confessato l’ex segretario di Stato Usa John Kerry al Time.

Secondo Morgan Stanley, il piano di investimenti nelle nuove infrastrutture delineato dallo Standing Committee del Politburo cinese può arrivare a mobilitare nei prossimi undici anni 180 miliardi di yuan all’anno, cioè il triplo della media negli ultimi tre anni.

Il maxi-stimolo di Stato, però, è costruito per beneficiare i campioni nazionali. Così, spiega Bloomberg, “è improbabile che le aziende americane traggano beneficio dallo stimolo tech e in alcuni casi rischiano di perdere business”.

Il modello è già consolidato. A inizio anno China Mobile si è aggiudicata contratti per 37 miliardi di yuan per la costruzione di stazioni per la rete 5G. Anche allora, “la parte del leone è andata a Huawei e ad altre aziende cinesi”. La principale rivale europea di Huawei, la svedese Ericsson, ha avuto una fetta solo del 10% del business nei primi quattro mesi”.

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