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“La ricerca della verità celeste”. O, in mandarino, Tianwen. È così che la Cina ha chiamato la sua prima missione verso Marte, decollata oggi dall’isola di Hainan per inaugurare l’esplorazione interplanetaria del Dragone. Nell’ormai rinnovata competizione spaziale, il lancio è arrivato a pochi giorni dalla partenza di Mars2020, la nuova missione verso il Pianeta rosso degli Stati Uniti, anch’essa con un rover (Perseverance), chiamato a indagare eventuali tracce di vita. D’altra parte, la finestra “utile” per raggiungere Marte è piuttosto stretta, concentrata ogni due anni in poco più di un mese, cioè quando i due pianeti sono più vicini. Non a caso, per la seconda fase dell’europea ExoMars si dovrà attendere il 2022.

IL LANCIO

Il vettore Lunga Marcia 5 è partito nella prima mattina italiana dalla base di Wenchang, sull’isola di Hainan lungo la costa sud del Paese, inaugurata poco più di tre anni fa. L’inserimento nella corretta via verso Marte è stato confermato circa 40 minuti dopo il lancio dalla China aerospace science and technology corporation (Casc), società statale che segue quasi tutte le missioni del Dragone. Ora ci vorranno all’incirca sette mesi per arrivare su Marte. Il prossimo febbraio, la missione entrerà infatti in un’altra orbita ellittica intorno al Pianeta rosso, per poi avvicinarsi fino a un’orbita polare a 265 chilometri dalla superficie. Lì resterà per qualche mese, prima di rilasciare il rover destinato all’ammartaggio. In tutto, tra orbite e lander, gli strumenti scientifici sarebbero tredici e dovrebbero operare per almeno tre mesi con l’obiettivo di studiare il suolo, la struttura geologica, l’ambiente e l’atmosfera di Marte. “La missione Tianwen-1 è uno dei progetti di maggior riferimento nel processo di costruzione del potere aerospaziale cinese, e un traguardo importante per procedere oltre nello spazio più profondo”, ha detto Wu Yansheng il vice capo missione della Casc.

TRA SIMBOLI E SCIENZA

L’ambizione marziana prende il nome “Tianwen”, o “ricerca della verità celeste”, in ricordo di un brano del poeta cinese Qu Yuan. Il simbolismo è un classico del programma spaziale e certifica l’importanza che Pechino vi attribuisce. Non a caso, il nome della missione marziana è stato svelato solo lo scorso 23 aprile in occasione della Giornata spaziale cinese, ufficializzata quattro anni fa in ricordo del lancio del primo satellite: il Dongfanghong-1, nel 1970. A marzo dello scorso anno era stata svelata la base nel bacino di Qaidam, un arido altopiano nella provincia occidentale di Qinghai, considerato particolarmente adatto a riprodurre lo scenario marziano. Lì vengono testati gli esperimenti diretti verso Marte.

UNA SCIA DI LANCI

Un paio di settimane fa, il fallimento del debutto per il lanciatore Kuaizhou-11 (versione più grande del rodato Kuaizhou-1A, destinato a orbite terrestri) metteva fine a una striscia positiva di lanci a dir poco impressionante, concentrata in poche settimane con il coinvolgimento di diversi vettori dell’arsenale cinese e molteplici basi di lancio. Il giorno prima, dalla base di Xichang, nella provincia sud-occidentale del Sichuan, a bordo di un razzo Lunga Marcia 3B, era partito verso l’orbita geostazionaria il satellite Apstar-6D, primo componente di una costellazione per connessione a banda larga. Ancora prima, da Jiuquan (nel nord ovest del Paese, base rispolverata da poco per l’alta frequenza di lanci, nel pieno deserto del Gobi) era stato un Lunga Marcia 2D a portare nello spazio il satellite scientifico Shiyan-6. Due giorni avanti, dalla base di Taiyaun (al centro del Paese) con un Lunga Marcia 4B era partito una satellite della serie Gaofen per l’osservazione della Terra. Il 23 giugno, da Xichang, con il Lunga Marcia 3B era partito l’ultimo dei 35 satelliti della costellazione Beidou, ideata per garantire un sistema autonomo di navigazione e puntamento satellitare concorrente al Gps americano, al Galileo europeo e al Glonas russo. A metà maggio, da Jiuquan, un Kuaizhou-1A aveva portato i primi due satelliti della costellazione Xingyun-2, progettata per supportare il Dragone nell’implementazione dell’Internet of Things.

GLI OBIETTIVI INTERPLANETARI

Allora, il lancio segnava il secondo successo di fila in una settimana. Pochi giorni prima, infatti, da Hainan era partito per la prima volta il lanciatore Lunga Marcia 5B (quello destinato a future missioni lunari e marziane) con a bordo la nuova navicella che servirà a portare i taikonauti a bordo del terzo “Palazzo celeste”, la Tiangong-3, una stazione orbitante nell’orbita terrestre. Con Tianwen-1, il programma spaziale (già corposo) si carica adesso di una dimensione interplanetaria. L’obiettivo è recuperare in fretta i successi spaziali dell’Occidente. Sono già pianificate missioni ambiziose, tra cui il ritorno a Terra di campioni marziani, lo studio di asteroidi e comete, nonché l’esplorazione di Giove seguendo le orme delle missioni europee e americane. Il tutto dovrebbe realizzarsi nel giro di un decennio insieme al programma lunare.

IL PROGRAMMA LUNARE

All’inizio dello scorso anno, la sonda Change 4 è arrivata (per prima nella storia dell’esplorazione spaziale) sul lato nascosto della Luna. La successiva missione (Change 5) dovrebbe partire entro la fine del 2020. Ha l’obiettivo di raccogliere e riportare a Terra dei campioni di superficie lunare. Per la loro conservazione si è scelto un luogo simbolico: Shaoshan, città natale di Mao Zedong. Poi, tra il 2023 e il 2024, la Change 6 dovrebbe partire  per studiare il polo sud lunare, destinazione scelta per un futuro approdo di taikonauti, la stessa tra l’altro identificata dagli Stati Uniti per il programma Artemis, a riconferma di una logica sempre più competitiva. Sarà successivamente la volta della Change 7 e della Chang’e 8 dedicate allo studio profondo della superficie, con tanto di stampante 3D per costruire in situ strutture di ricerca. L’obiettivo, fino a qualche mese fa, era far arrivare i primi taikonauti sulla Luna nel giro di “circa dieci anni”.

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